18 Gennaio 2019

Cento anni fa l’appello ai Liberi e Forti

Spitaleri: Cento anni fa l’appello ai Liberi e Forti

Don Luigi Sturzo

Oggi vive il richiamo a fermare i sovranismi
Non ho mai pensato a un Luigi Sturzo profeta: sempre energicamente politico è il tratto che ne evidenzia la storiografia, soffermandosi ora sull’energia vitale del primo popolarismo, ora sui contrasti con De Gasperi nella luce del tramonto. Tradizionalmente, nella formazione dei cattolici in politica, il profeta è sicuramente La Pira, l’indimenticato sindaco di Firenze. Storie passate, si dirà, da cultori o da nostalgici. Forse, ma il coincidere delle date sembra avere un suo potere evocativo: a cento anni da quel 18 gennaio 1919 in cui apparve l’appello ai “Liberi e Forti”, si scopre uno Sturzo per molti inedito.
Nessun invito, che saprebbe anche di stantio, a ricostruire il Partito dei cattolici, né ad attivare crociate contro comunismi vecchi e nuovi, né a restaurare il vigore dei municipi. Al contrario, oggi quell’appello ci apre a una rinnovata attenzione alla dimensione planetaria, quasi che, a cento anni dalla fine della Grande Guerra e nel tempo del sovranismo contemporaneo, il richiamo di Sturzo si proponga come chiamata a una nuova “internazionale” dello sviluppo e della pace.
 
Vi è un passaggio rilevante in quell’appello ormai centenario: «È imprescindibile dovere di sane democrazie e di governi popolari trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della società». Sembra esserci poco spazio per “America first” o altre primazíe italiche, galliche o ungare, declinate in salsa nazionale o etnica. Cosa dice Sturzo agli europei del ventunesimo secolo? Che non servono semplificazioni o scontri tra felpe e terzomondisti retrò, ma la consapevolezza che ci troviamo di fronte a snodi epocali, nei quali coesiste una responsabilità individuale – la chiamata a non essere indifferenti o distanti, rinchiusi nella spasmodica ricerca di una felicità tutta personale – e un impegno delle comunità statuali a non perseverare in logiche tutte interne o di proprio esclusivo vantaggio. Perché la via del conflitto, prima o poi, sfocia nella violenza, nella guerra.
La rilettura dell’appello, in questa chiave “internazionale”, proprio per l’energia che Sturzo trasmette attraverso il suo essere uomo d’azione, non è un inno ai buoni sentimenti, ma un’esortazione tambureggiante alle politiche concrete: quelle “necessarie e urgenti riforme” di carattere sociale e politico di allora (dalla colonizzazione interna del latifondo alla riorganizzazione scolastica, alla lotta all’analfabetismo) diventano necessarie e urgenti riforme degli organismi internazionali e, per noi, dell’Unione europea, con il compito, sempre presente nell’appello, di coniugare equità e sviluppo, diritti e responsabilità.
 
Ecco allora che c’è anche uno Sturzo profeta, o almeno profetico. Perché, allora e oggi, disegna obiettivi universali e impegna tutti affinché si «affretti l’avvento del disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali la legislazione sociale, l’uguaglianza del lavoro, le libertà religiose, abbia la forza della sanzione e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffattrici dei forti». Il linguaggio può apparire desueto, ma dopo cento anni, la sua forza evocativa è intatta e il pensiero rimane dirompente se non, a suo modo, rivoluzionario. Come lo fu l’esperienza del popolarismo per un lungo tratto del secolo scorso. Lo Sturzo dei “Liberi e Forti” è dunque un antico e un precursore, un tronco del pensiero politico italiano che continua a buttare germogli: un classico.
 
Perché allora e oggi sollecita tutti assegnando una grande responsabilità: «I partiti politici debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel vincolo solenne della “Società delle Nazioni”».Oggi Sturzo chiama a una responsabilità individuale e comunitaria i nuovi “liberi e forti”: quei pochi o tanti che ogni epoca fa nascere e crescere come uomini del proprio tempo volenterosi di costruire un tempo nuovo. Invita alla mobilitazione i «moralmente liberi e socialmente evoluti, quanti all’amore per la patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degl’interessi nazionali con un sano internazionalismo».
(Editoriale di Salvatore Spitaleri pubblicato sul Messaggero Veneto, il 18 gennaio 2019)
 
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