21 Agosto 2018

Contratto di Governo: vera posta in gioco è uscita da democrazia

Giorgetti e Casaleggio hanno descritto la Terza Repubblica, presidenziale e carismatica

Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio

Quando abbiamo visto che c’erano flat tax e reddito di cittadinanza, ci siamo preoccupati per la tenuta del bilancio dello Stato. Ma era solo uno specchietto per allodole, che ci ha ingannato per qualche settimana. Poi, per settimane ci siamo arrovellati sull’uscita dall’euro, e non avevamo capito che la vera posta in gioco è l’uscita dalla democrazia. Perché questa è la parte non scritta del contratto della nuova maggioranza.

Oltre a una grossolana spartizione delle nomine e alla messa a punto dei bersagli, con il passare dei giorni viene alla luce il vero accordo forte che regge il Governo. Non per caso, in pochi mesi siamo passati dalla difesa della “Costituzione-più-bella-del-mondo” al Parlamento definito “feticcio della democrazia rappresentativa” e “luogo dell’inconcludenza”, con buona pace dei parlamentari-portavoce e del presidente della Camera Fico, che non sappiamo se si renda conto di essere la terza carica dello Stato.

La maggioranza del 60% non basta, essere al governo non basta: occorre mettere al sicuro il potere, tagliare le mediazioni, eliminare i fastidiosi contrappesi, umiliare le opposizioni, e finalmente instaurare un sistema nuovo. Questa è l’essenza profonda del cambiamento: il transito dall’elezione all’investitura, dalla rappresentanza popolare alla guida del popolo. Giorgetti e Casaleggio hanno parlato chiaro e, ognuno a modo suo, hanno descritto la Terza Repubblica, presidenziale e carismatica, in cui il “capitano” di turno indica la via con un tweet o un selfie.

Chi avesse la sensazione di aver già sentito temi come riduzione dei parlamentari, eliminazione di una Camera, rafforzamento del potere esecutivo, potrebbe sorprendersi del silenzio delle vestali della Costituzione che negli anni scorsi sistematicamente su questo pontificavano, oppure del silenzio dei rappresentanti dei cosiddetti corpi intermedi, forse più preoccupati di conservarsi uno spazio nella “nuova democrazia” delle corporazioni.

In fondo, la democrazia è una cosa complicata, e c’è chi tiene famiglia.

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