3 Luglio 2025

Alexander Langer a 30 anni dalla morte

IL RICORDO DI DEBORA SERRACCHIANI

“Una vita straordinaria ed inimitabile: ricca di cultura e di esperienze, di impegno e di riflessione, di militanza e di contemplazione, di laicità e anche di intensa religiosità, di studio e di feconda operatività, di profezia e di realismo, di politica rigorosa ma anche di irriducibile ‘impoliticità’. Parlare di lui come di un ecologista, di un ambientalista, di un pacifista, corrisponde al vero, ma è anche troppo riduttivo. Alex era molto di più e di diverso di tutto questo: era una sorta di testimone e di profeta del nostro tempo. E, come tutti i profeti, ha indicato la direzione verso il futuro, lo ha addirittura anticipato in molte sue idee e in molte sue scelte, ma ha ‘dovuto’ (e voluto, ahimé) fermarsi sulla sua soglia”.

Sono passati trent’anni da quel lunedì 3 luglio 1995, quando Alexander Langer si è dato volontariamente la morte impiccandosi ad un albicocco. Apro il ricordo che condivido con voi ricorrendo alle parole del collega Marco Boato, e questo è anche un modo per ringraziarlo dei molti anni in cui ha onorato quest’aula e la politica. Proprio per storia politica e personale, egli possiede le parole per darci quella che a me pare una sintesi efficace e rispettosa di Langer.

E’ vero. Per provare a descrivere una figura non sempre compresa ma tra le più originali nell’Europa dell’ultimo squarcio del secolo scorso, serve una galassia di concetti e un approccio qualitativamente diverso dalle usuali categorie politiciste.

Nato a Sterzing-Vipiteno nel 1946, sudtirolese di lingua tedesca con il padre di origine ebraica, sentì fin da giovane con forza, profondità e originalità i temi dell’identità, dell’appartenenza, delle minoranze, che diedero l’imprinting alla sua formazione.

Al di là della necessità di evitare l’isolamento e il piano inclinato dei revanscismi, c’è anche una forte convinzione che mi sorregge: leggo nella situazione sudtirolese una quantità di insegnamenti ed esperienze generalizzabili ben oltre un piccolo ‘caso’ provinciale”, scrisse in un suo prezioso testo autobiografico.

Dell’ambientalismo fu uno dei fondatori, ponendo la domanda decisiva sulla via alla “conversione ecologica”, che “potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile”, dato che paura, leggi e controlli non bastano. Del pacifismo nonviolento fu apostolo coerente, drammaticamente costretto tra tensione ideale e realismo politico, tra le sue convinzioni e le stragi etniche nell’ex Jugoslavia. Per pochi giorni non vide il massacro di Srebrenica dell’11 luglio, ma forse lo previde.

Il tema etnico mi pare una chiave per decifrare l’approccio metodologico alla complessità. Il Sudtirolo come microcosmo di contraddizioni, di pluralità da cui imparare dinamiche e sperimentare soluzioni, il “collegamento più rapido fra un rigagnolo e la Via Lattea” si potrebbe dire parafrasando un grandissimo scrittore della Mitteleuropa, cui Langer appartiene. Un mondo che ha punti di contatto sostanziali con il mio Friuli Venezia Giulia, caratterizzato da minoranze linguistiche e da tensioni di confine.

Si ricorda spesso che i genitori frequentavano amici italiani e volevano che i figli conoscessero bene entrambe le lingue. Ne scaturirono consapevolezze sull’appartenenza comunitaria, sul rapporto tra culture diverse, l’esperienza vissuta di un ideale di convivenza, battaglie contro la separazione etnica e decisa presa di partito per il progetto europeo. In un tempo segnato da nuovi conflitti armati, crisi climatica e crescenti disuguaglianze, le sfide di Alex Langer hanno un’attualità incalzante e forse angosciante. E la sua morte ci parla ora più di allora.

“La Sarajevo di Langer”, servizio Tgr Fvg sulla cittadinanza onoraria ad Alexander Langer: https://www.rainews.it/tgr/fvg/video/2021/03/fvg-pacifisti-7b3e00fa-0816-4ce8-8e57-63b1dd75fed7.html

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