13 Novembre 2007

Intervento del sen. Carlo Pegorer, in Commissione Difesa, sui documenti di Bilancio 2010-2013

Dicevo nulla è cambiato, poiché la stessa nota di aggiornamento del DPEF e, al pari, i documenti di bilancio alla nostra attenzione, di cui sono conseguente applicazione, confermano le linee di politica economica governativa già resa evidente a partire dal decreto legge 112/08, così come nei successivi provvedimenti adottati nei mesi a seguire e lungo tutto l’arco della crisi in atto.
Come abbiamo avuto modo di argomentare in diverse occasioni, il nostro Gruppo ha evidenziato il fatto che di fronte alla gravità della crisi, che si è andata sommando a una situazione della nostra economia già fortemente in stato di rallentamento rispetto ad altri paesi cosiddetti sviluppati, andavano assunte misure coraggiose volte a dare risposte concrete alle attese presenti tra i protagonisti della nostra economia, configurando una vera e propria politica anticiclica.
Mi pare doveroso ricordare, anche in questa sede, i tratti principali di quelle proposte, che rimangono confermate nella loro attualità e valenza, proprio di fronte alla natura e ai caratteri dei documenti che stiamo esaminando e che giudichiamo del tutto insufficienti rispetto alla reali esigenze presenti.
Sono misure particolarmente semplici nella loro esplicazione, ma forti sul terreno di una seria politica economica anticiclica necessaria a risollevare le sorti del Paese. Dico tutto ciò con estrema convinzione dal momento che il 2009 conferma come la recessione abbia colpito in modo molto consistente l’Italia, più di altri paesi sviluppati, esclusi soltanto Giappone e Germania, e che tale situazione non è ascrivibile unicamente alle caratteristiche strutturali dell’economia nazionale che, come è noto, è particolarmente esposta alla contrazione del commercio mondiale, ma anche all’insufficiente politica anticiclica messa in atto dal Governo.
Dicevo misure necessarie a fronteggiare la crisi e che mantengono, insisto su questo, la loro valenza e attualità.
In primo luogo, ridurre la pressione fiscale sui redditi – medio bassi e ripristinare gli strumenti automatici di incentivazione delle imprese nel Mezzogiorno.
Rafforzare, poi, gli strumenti di garanzia per l’accesso al credito di piccole e medie imprese, così come operare con determinazione sul fronte di una vera accelerazione dei pagamenti della pubblica amministrazione verso il sistema delle imprese.
E, ancora, provvedere ad un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno degli enti locali e realizzare un sistema universalistico di ammortizzatori sociali.
Infine, risulta necessario intensificare la lotta all’evasione fiscale e, non certo da ultimo, intervenire con misure davvero efficaci sul fronte di un incisivo controllo della spesa corrente primaria che, come è noto a tutti, risulta essere andata – in questi mesi – oltre ogni più negativa previsione.
Su questo versante, il Ministro dell’Economia nel presentare all’Aula il disegno di legge Finanziaria, che risulta, come detto in precedenza, privo di contenuti significativi sul lato di una politica anticrisi e anticiclica, ha tentato per l’ennesima volta di aggirare il tema del controllo della spesa e dei saldi di finanza pubblica, adducendo il fatto che il nostro Paese presenterebbe risultati migliori di altri paesi proprio sul fronte del debito pubblico.
In realtà, il debito come è noto, si attesta quest’anno al 115% del Pil e si avvia a raggiungere il 117% nel 2010, a fronte di una previsione di un anno fa pari al 103%. Ciò a dimostrazione del fatto che il Governo si muove dentro una realtà virtuale, maneggiando a suo piacimento i dati reali.
In tale modo, una volta il debito costituisce per le sue straordinarie dimensioni un ostacolo per l’adozione di politiche espansive, altre volte viene indicato come un parametro di presunta virtuosità rispetto ad altri paesi europei.
Come abbiamo evidenziato nel dibattito sulla nota di aggiornamento al DPEF, non è vera né l’una né l’altra versione.
Era possibile, ed è ancora possibile (il comparto Difesa e Sicurezza è uno dei terreni sui quali misurare una vera volontà di innovazione politica), agire sulle leve del bilancio, controllando e riqualificando la spesa corrente, operando al contempo sul fronte della lotta all’evasione fiscale.
D’altra parte, l’assenza di una vera e propria strategia di riqualificazione e razionalizzazione della spesa è data dalle stesse previsioni programmatiche alla nostra attenzione, che disegnano un forte incremento da qui al 2013 nei settori dei consumi intermedi, delle pensioni, delle spese per gli interessi, della spesa sanitaria, mentre si produce un forte rallentamento nel campo degli investimenti pubblici.
Ciò a dimostrazione che i tagli lineari adottati a partire dal 112/08 non hanno sortito alcun effetto migliorativo, come del resto noi abbiamo sempre evidenziato.
In questo quadro, perciò, emerge con chiarezza il fatto che il Governo non ha ancora assunto l’obiettivo, che noi consideriamo invece prioritario, di intervenire sulla qualità e composizione della spesa pubblica, di applicare il nuovo metodo dei costi standard, di contrastare con un serio lavoro quotidiano le tendenze inerziali di alcuni grandi comparti di spesa.
Questo campo d’azione è altrettanto significativo se lo riportiamo direttamente al settore di nostra competenza.
Noi abbiamo sempre sostenuto la necessità di un intervento di razionalizzazione e riqualificazione della spesa nel comparto Difesa e Sicurezza.
Un intervento oltremodo necessario per l’accresciuta valenza della proiezione internazionale del nostro strumento militare, ormai un pezzo davvero significativo della nostra politica estera, e per una attenta valutazione degli effetti prodotti in questi nove anni dalla riforma del modello Difesa.
Abbiamo fortemente criticato, proprio in ragione di ciò, sia i tagli lineari apportati al bilancio della Difesa sia l’assoluta mancanza di un confronto parlamentare e partecipato sulle possibili linee di riforma e ammodernamento del modello Difesa.
In questo quadro, i documenti finanziari alla nostra attenzione confermano, senza alcun dubbio, tutte le critiche che abbiamo mosso in precedenti confronti.
La critica non parte certo solo dall’evidenziare che anche in questo bilancio viene confermato il dato sul rapporto tra funzione difesa e Pil che risulta ancora al di sotto dell’1%, mentre altri paesi europei come Francia e Regno Unito investono nella Difesa rispettamene l’1,72% e il 2,46% del Pil.
Osserviamo, in particolare, che anche in questa occasione non si individua nel comparto Difesa un luogo su cui produrre quelle necessarie innovazioni, anche di natura strutturale, che possano fare di questo campo primario d’azione del nostro Paese un settore utile non solo a garantire Difesa e Sicurezza, ma anche sviluppo e crescita qualitativa della nostra stessa economia e più complessivamente della nostra società.
Nel ribadire, pertanto, la nostra piena ed immediata disponibilità ad un confronto di merito serio e articolato sul tema della possibile riqualificazione e revisione del modello Difesa, si evidenzia come l’insostenibilità dell’attuale situazione sia per altro dimostrata, senza assunzione di alcuna responsabilità, nella nota preliminare al provvedimento.
In realtà, l’ambiguità data dalle parole non scritte potrebbe così preludere all’idea governativa di risolvere una situazione, certo non facile, allo stesso modo di come spesso accade nei settori produttivi, quando le aziende presentano dati di crisi particolarmente gravi: si taglia il personale invece di elaborare un serio piano industriale.
Si parla “di un grado di ipofinanziamento nel 2010 pari a circa 90 milioni di euro necessari a contenere il deterioramento dei mezzi e materiali in dotazione e di 94 milioni di euro per soddisfare appieno le esigenze minime connesse ai diversi programmi di rinnovamento e potenziamento”, ma non si assume nessuna iniziativa per reperire queste risorse, così necessarie al mantenimento di un efficiente sistema militare.
Allo stesso tempo, i documenti al nostro esame ci indicano il fatto che nel 2010, per i tagli apportati al settore del personale, pari a circa 304 milioni di euro, ben 4/5 mila soldati, già in servizio da diversi anni, potrebbero essere licenziati, ignorando la loro legittima aspettativa di transitare nel servizio permanente delle forze armate o nelle forze di polizia.
Si tratta di personale, tutti giovani, trattenuti in servizio, che ha svolto il compito assegnato con professionalità e sacrificio, spesso a rischio della vita stessa.
Siamo in presenza, quindi, di una colpevole inerzia del Governo.
Si ammette nei fatti di non essere in grado di arrestare o almeno trattenere il processo di dequalificazione strutturale del nostro strumento militare, adducendo poi quale alibi l’attività della “Commissione di alta Consulenze e studio”, incaricata di definire in tempo per quanto possibile breve un diverso assetto organizzativo delle forze armate e più in generale dello stesso Dicastero della Difesa.
A suo tempo, il Ministro della Difesa aveva dichiarato che i lavori di questa Commissione sarebbero stati presentati in Parlamento entro la fine dello scorso giugno.
Siamo ad ottobre inoltrato; stiamo discutendo i documenti finanziari per il prossimo anno ed il prossimo triennio, ma nulla è ancora giunto alla nostra attenzione e ben che meno niente è trapelato in ordine a quei lavori o sulle possibili difficoltà incontrate.
Da qui discende, perciò, il nostro giudizio critico sulla manovra in discussione, ovvero il fatto che a mettere in difficoltà l’attuale modello Difesa, che abbisogna certo di un adeguamento per le mutate condizioni intervenute, sono stati i tagli lineari apportati al comparto che hanno colpito indistintamente sia i settori di spesa in buona salute che quelli da razionalizzare con estrema rapidità.
Manca anche in questo comparto della spesa pubblica una vera strategia di riforma; anche nella Difesa si attende che passi la tempesta senza attrezzare una così delicata funzione dello Stato di quelle misure ormai necessarie per renderla più efficiente e più in grado di rispondere anche agli impegni del Paese su scala internazionale.
Come evidenzierà in modo puntuale il documento che presenteremo all’attenzione della Commissione, sono convinto del fatto che va perseguita con tenacia e con ogni sforzo utile una migliore qualità e razionalizzazione della spesa militare, accentuando la dimensione interforze dello strumento militare a livello nazionale e puntando a costruire le migliori energie possibili nel settore industriale di riferimento.
Allo stesso tempo, va recuperata una significativa capacità di produzione, di beni e servizi in economia, anche salvaguardando i livelli occupazionali già esistenti.
A queste azioni, non più rinviabili, si deve contemporaneamente accompagnare una decisa inversione di tendenza sul fronte della capacità operativa del nostro strumento militare che, altrimenti, potrebbe compromettere la stessa sicurezza del personale impegnato.
Infatti, come evidenziato nella nota preliminare che accompagna il provvedimento al nostro esame i tagli di bilancio alla spesa di esercizio sono tali da andare oltre ogni contenimento sostenibile per l’attività complessiva del nostro strumento militare. Si profila, infatti, il rischio di una vera e propria ingovernabilità del settore, con il suo stesso possibile collasso.
Auspico, pertanto, che anche questa discussione consenta, al di là delle posizioni di parte, di spronare le forze di maggioranza ad un più attento e consapevole approccio alla necessità che il nostro strumento militare vada messo nella condizione di operare con efficienza e qualità.
Anche per questa ragione, ritengo doveroso richiamare la necessità che, al termine di questa discussione, si possa giungere al reperimento di risorse aggiuntive per le esigenze connesse all’esercizio, così come si provveda a riparare i tagli apportati al reclutamento e giudico essenziale, infine, ogni intervento volto a sostenere l’area industriale della Difesa.
Risulta, ancora, di particolare interesse l’opportunità di mettere in campo a breve termine un piano di ridislocazione di enti e reparti per riequilibrare sul territorio nazionale la presenza delle nostre forze armate.
In conclusione, Signor Presidente, se la maggioranza non intenderà accogliere le nostre proposte di merito, il Gruppo PD non si sottrarrà -certo- ad assumere le necessarie iniziative volte a valorizzare un così delicato settore della vita democratica del Paese.
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