7 Marzo 2023

ELEZIONI REGIONALI: IL PROGRAMMA DEL CENTROSINISTRA

IL PROGRAMMA DEL CANDIDATO PRESIDENTE DELLA REGIONE

Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia

Elezioni del Presidente della Regione e del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia

 2 e 3 aprile 2023

Programma elettorale del Candidato Presidente

Massimo Moretuzzo

PRIMA PARTE

Regione aperta, inclusiva, attraente dove vivere, lavorare e progredire.

Regione che svolge una funzione internazionale e costruisce la Pace.

Regione di donne, di madri e figli.

Nuovo racconto: un racconto di verità, di fiducia, di speranza

La situazione reale delle persone, del lavoro, dell’ambiente

Questi anni della Giunta Fedriga: opportunità non colte, errori

La forza e l’ispirazione della coalizione

Il trinomio che esprime la nostra forza: essere contemporaneamente luogo di cui avere coscienza (che dispone di una storia alle spalle, di una lingua, di patrimoni autentici), nodo territoriale attraversato da flussi (con città, compendi industriali e filiere produttive, centri dell’innovazione e logistici) e capitale relazionale (dotato di capacità riprodurre conoscenze e competenze)

Le idee: un patto tra le città e le comunità locali, una relazione forte e creativa tra ambiente e lavoro, affrontare le emergenze, anticipare il futuro e governare i fenomeni strutturali, patrimoni e risorse naturali da tutelare e fattori di progresso.

Adattamento e scorgere le sfide sul nascere quando ancora i soggetti e territori non sono in grado di reagire

Gli impatti della nostra proposta programmatica

Competenze e professionalità nella gestione delle istituzioni pubbliche e delle Agenzie

SECONDA PARTE

  1. Regione che svolge una funzione internazionale e costruisce la Pace

I cinque anni di governo regionale del centrodestra e del Presidente Fedriga hanno mortificato il ruolo internazionale del Friuli Venezia Giulia. Un ruolo che, invece, è rilevante dal punto di vista istituzionale, culturale ed economico.

Vogliamo affermare la centralità strategica del Friuli Venezia Giulia, posta tra il Mediterraneo e l’Europa, in un mondo iperconnesso e in una fase della storia dove guerre, rivolte e tensioni comprimono la pace e il desiderio di libertà delle persone.

In questo spazio, la Regione svolge una fondamentale funzione di connessione e cerniera e rappresenta un fattore di integrazione europea

La centralità è decisiva nel processo di integrazione dei Balcani per instaurare tra gli Stati solidi rapporti economici attraverso i quali avviare un percorso di superamento definitivo delle divisioni e dei conflitti e tutto ciò contribuirà a far emergere l’interesse verso il Friuli Venezia Giulia ed attrarre investimenti, imprese e competenze.

Proprio questa dimensione valorizza ulteriormente ed attualizza le ragioni della Specialità. La Specialità regionale ha più che mai senso oggi alla luce della dimensione economica e finanziaria globale che scarica effetti sui luoghi, sulle comunità locali e sulle imprese.

Il Friuli Venezia Giulia e le comunità che la compongono storicamente hanno promosso relazioni, economie e socialità nel contesto dello spazio transfrontaliero. È un tratto della proiezione esterna che verrà ulteriormente rafforzata, anche tenuto conto della programmazione europea 2021- 2027.

  • Una nuova stagione della programmazione e della coesione territoriale, in coerenza con la strategia U.E., per vincere sfide ed emergenze 

Non basta disporre di ingenti risorse finanziarie e poi, trasferirle in relazione ad interessi particolari, a sintonie politiche, ad interessi di parte. È stato un grave comportamento.

Va aperta una nuova stagione della programmazione in coerenza con la strategia U.E. e gli investimenti erogati secondo la logica di risultato, ecosistemica, con progetti-obiettivo capaci di arrestare gli impatti negativi sull’ambiente, di realizzare l’equilibrio, sia a livello di produzione sia a livello di consumi, tra l’utilizzo delle risorse e la necessità di conservazione del capitale naturale, di garantire la qualità e la dignità della vita in ogni territorio e in ogni contesto di lavoro, di studio e di cura.

Le politiche saranno connesse con la programmazione europea 2021-2027 in modo da qualificare indirizzi ed investimenti.

Verso:

  1. considerato oggi nascono 7.000 bambini e muoiono 16.000 persone, che tra 27 anni la popolazione della Regione è possibile si attesti attorno a 1.090.000 di abitanti, che nel 2052 i “nonni” (70-79 anni) saranno quasi il doppio dei “nipoti” (0 – 9 anni),

La Regione del futuro penserà e progetterà assieme alle varie componenti che la costituiscono. Verrà pertanto perseguito e stipulato un “patto” tra le varie parti costitutive la comunità regionale, istituzioni, agenzie di sviluppo, corpi intermedi, in grado di far fronte ai fenomeni strutturali ed affermare uno sviluppo di qualità e la resilienza dei territori. 

Vanno affrontati da subito con coraggio e lungimiranza i fenomeni strutturali (cambiamento climatico, regressione demografica, innovazione tecnologica e digitalizzazione, fuga di giovani e donne, ri-globalizzazione e nuove catene del valore, immigrazione) in modo da anticipare e governare gli effetti che questi già ora si stanno registrando ed avviare un nuovo ciclo della riproduzione delle risorse (umane, territoriali, economiche).

Il contrasto, la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico saranno le bussole per la pianificazione

e progettazione degli interventi, in montagna e in pianura, tramite il rafforzamento delle misure di

prevenzione e gestione delle emergenze, puntando sui valori di identità, di peculiarità

naturalistica e degli insediamenti abitativi, sulla salvaguardia e specializzazione propri del paesaggio, dei

patrimoni naturali e storici e delle tradizioni locali.

Sarà il “Piano regionale di adattamento alla crisi climatica” lo strumento di indirizzo, previsione e orientamento delle scelte relative alla transizione energetica, all’implementazione delle azioni di riduzione dei rischi climatici, al miglioramento delle capacità di adattamento dei sistemi naturale, sociale ed economico. Tale Piano sarà accompagnato dalla ‘governance dell’adattamento’ attraverso il coinvolgimento di strutture pubbliche, agenzie come l’Arpa, enti scientifici e di ricerca.

Sul fronte della regressione demografica, vero assillo per il presente ed il futuro della comunità regionale, vanno attuati modelli di previsione, pianificazione ed organizzazione dei servizi e strategie di medio-lungo periodo, ciò che non è stato fatto nel corso dell’ultima legislatura, e procedere all’attivazione di “progetti-pilota strategici” rivolti a salute e welfare, famiglie, scuola, lavoro, donne e giovani

Le iniquità e le disuguaglianze si sono acuite e coinvolgono in primo luogo le famiglie: è necessario passare da politiche occasionali e dai “bonus” ad interventi strutturali.

In questo senso, serve una manovra sulla componente regionale dell’Irpef a favore di persone e famiglie nonché misure per ridurre le fragilità, le iniquità e le diseguaglianze della società regionale. Garantendo la progressività dell’aliquota regionale azzerandola per i redditi più bassi, riducendola per latre fasce di popolazione.

Nessuna nuova imposta sarà prevista per le nostre famiglie.

  • Regione federalista, capace di vision e di co-progettare con Comuni e le aree vaste

L’assetto istituzionale rappresenta una leva per rafforzare le comunità, elevare la qualità dei servizi e la competitività territoriale.

Una Regione migliore, che non soffra di gigantismo e centralizzazione, e Comuni organizzati nella dimensione dell’area vasta rappresentano un presidio serio “nel territorio della comunità concreta”, quello del benessere e dell’innovazione sociale, dello sviluppo locale e delle filiere produttive

I cinque anni di governo regionale del centrodestra non hanno valorizzato la funzione degli enti territoriali. Tutt’altro.

La Regione ha progressivamente consolidato il proprio tratto centralistico, al pari dello Stato, poiché incapace di operare attraverso “intese”, la co-progettazione con i Comuni e l’insieme delle agenzie territoriali e di sviluppo locale. In questo quadro poco esaltante, ed indipendentemente dalle competenze e dalla dedizione espressa di larga parte del personale, si è radicata la deresponsabilizzazione delle strutture.

In Friuli Venezia Giulia è necessario avvalersi di due livelli istituzionali: la Regione e i Comuni. Non servono né Province né EDR.

La Regione non solo deve essere il luogo della programmazione e della pianificazione strategica, pure una struttura complessa in grado di gestire con un elevato livello di efficienza numerose altre funzioni tecniche, gestionali, amministrative.

Con i suoi 3.920 dipendenti (su 1.197.295 abitanti), comprese le ultime 475 unità richieste per rispondere al piano dei fabbisogni per gli anni 2022 – 2024, all’interno del Comparto Unico di lavoro del pubblico impiego regionale e locale, dispone di tutte le condizioni per svolgere la propria missione e per intervenire, tra l’altro, anche in materia di lavori pubblici e edilizia scolastica.

Il primo obiettivo, pertanto, dev’essere rivolto ad affermare una Regione capace di visione e immaginazione strategica e, al contempo, di esercitare competenze in un largo numero di settori operativi al fine di rispondere a bisogni territoriali in una stretta relazione e reciprocità con gli attori, istituzionali, economici e sociali, al fine di costruire possibili futuri e soluzioni pragmatiche.

Ma una Regione federalista richiede prima di tutto che i territori che costituiscono il Friuli Venezia Giulia diventino protagonisti nel portare a compimento una visione.

È essenziale che si affermi questo profilo e che si faccia leva su città e territori per un più elevato ed efficace autogoverno e vincere le sfide che derivano da un mondo che cambia e di fronte ai fenomeni strutturali che ci attraversano (cambiamento climatico, regressione demografica, migrazioni).

Nessun programma di sviluppo, infatti, potrà mai funzionare se imposto con scelte centralistiche, pensando di esportare modelli ai sistemi locali né si potranno vincere le sfide che attraversano la contemporaneità e impattano su persone e sistemi sociali in assenza di reciprocità e di intese.

È necessario compiere un passo ulteriore. Ognuno dei territori deve essere chiamato a svolgere una funzione regionale e, di conseguenza, vanno organizzate e messe a sistema le Comunità dei Comuni, Gal, Consorzi di Sviluppo Economico e le Altre agenzie di sviluppo locale.    

L’impegno, inoltre, è volto a dotare la tecnostruttura regionale, fattore fondamentale per il buon governo, di profili professionali giovani e competenti nella misura del 30% di dipendenti sotto i 30 anni e fare in modo che 7 su 10 dipendenti siano laureati.

Come a predisporre strutture connesse con la previsione strategica, attraverso la costituzione di una Direzione ad hoc in modo da raccogliere e gestire indicatori, informazioni e conoscenze al fine delle analisi di impatto, della definizione della programmazione regionale e delle politiche specifiche nonché elaborare ricerche sull’evoluzione dei vari fenomeni, esercitare il controllo e monitoraggio degli spill-over-effects che si determinano nel corso dell’attuazione del Pnrr Fvg, anche attraverso l’allestimento di  ‘piattaforma di consultazione permanente’ tra tutti gli attori coinvolti sull’andamento in corso d’opera e sulle ricadute riverberate dai progetti, occuparsi della programmazione a lungo termine di infrastrutture e sistemi a rete.

Il secondo livello istituzionale essenziali è quello dei Comuni.

Rappresentano la “coscienza del luogo” e rappresentano il primo sportello di interlocuzione che dispongono i cittadini per affrontare propri problemi. Sono lasciati allo sbando avendo a disposizione un personale insufficiente per svolgere le funzioni primarie e fornire i servizi essenziali. In numerosi Comuni non si può morire, specie se nei fine settimana, considerato che non c’è nessuno che gestisca la questione dal punto di vista amministrativo; oppure, non si possono ampliare i servizi scolastici per rispondere alle esigenze delle famiglie o, ancora, le pratiche edilizie vengono smaltite in tempi inaccettabili.

La priorità è quella di stabilizzare il personale, specie nelle funzioni che più di altre sono in relazione con la comunità, siano esse famiglie, persone bisognose, imprese. La seconda è connessa con le aggregazioni e l’attuazione di modelli di governo dei servizi del territorio alla scala dell’area vasta.

Dopo aver deciso di abbandonare in maniera gladiatoria l’esperienza delle Uti (con l’articolo 27 della Legge regionale n. 21/2019 si stabilisce lo scioglimento di diritto delle Unioni territoriali intercomunali a decorrere dal 1 gennaio 2021) sono state previste le Comunità dei Comuni da attivare volontariamente.

La dimensione territoriale vasta è fondamentale per la migliore gestione delle risorse umane e finanziarie, la più efficace erogazione dei servizi, il governo integrato del territorio, la tutela e valorizzazione dei patrimoni. 

In un mondo che cambia e di fronte ai fenomeni strutturali, come il cambiamento climatico, la regressione demografica e le migrazioni, che richiedono non solo di riorientare i programmi, gli obiettivi e gli strumenti di programmazione e pianificazione, nei diversi ambiti di attività, per renderli coerenti con gli obiettivi al 2030 e 2050, ma le istituzioni locali associate tra loro possono fornire un contributo decisivo per raggiungere questi obiettivi alla scala locale e determinare impatti concreti.

Va sollecita la costituzione delle Comunità in tutto il Friuli Venezia Giulia da parte della stessa Amministrazione Regionale poiché strumento di attuazione di politiche complesse.

I rapporti tra l’Amministrazione Regionale e il sistema dei Comuni vanno resi reciproci per organizzare una condivisa visione del futuro e realizzare la co-progettazione e devono essere basati su “Intese di Programma” e non già sulla somministrazione dissipativa di contributi fuori dalla logica di risultato.

Invece di questa soluzione, vengono immaginati Enti di Decentramento Regionale (Edr), in luogo delle vecchie Province, istituiti con legge regionale del 29 novembre 2019 n. 21 “Esercizio coordinato di funzioni e servizi tra gli enti locali del Friuli Venezia Giulia ed istituzione degli Enti di decentramento regionale”, resi operativi a partire dal 1 luglio 2020, dotati personalità giuridica, autonomia gestionale, patrimoniale, contabile ed organizzativa, sottoposti al controllo della Regione.

La digitalizzazione del sistema pubblico e dei territori va perseguita con tenacia.

Nel contesto delle prerogative dell’autonomia regionale tenuto conto del programma Pnrr e “Repubblica Digitale”, vanno migliorati i servizi e le performance di Regione, Comuni e degli altri soggetti pubblici nell’ambito della digitalizzazione, anche tramite la condivisione degli indicatori e degli obiettivi di miglioramento, attraverso l’investimento qualitativo e quantitativo su strumenti, la riqualificazione del personale, anche per quanto concerne la sicurezza digitale, la valorizzazione delle azioni del servizio civile digitale e dei competence center dei digital innovation hub, attuando l’effettiva interoperabilità dei sistemi.

Nell’ambito dei programmi di transizione digitale che permetta, tra l’altro, alle famiglie di disporre al 2030

delle reti di connessione digitale più avanzate, è opportuno promuovere le smart communities in modo da

affermare i diritti di cittadinanza e le pari opportunità, produrre effetti cumulativi e capitalizzare competenze

digitali, supportare la fornitura di servizi pubblici di qualità e la competitività delle imprese.

In questo senso, va reso operativo il contenitore Smart Mountain che vede coinvolti Area Science Park, Carnia Industrial Park e Friuli Innovazione a supporto delle istituzioni locali, della sanità e della mobilità delle persone.

  • Valorizzare il patrimonio produttivo regionale, innovare, esportare, generare il mercato interno

Servono imprese, servono imprese sostenibili ed innovative.

Non si è intravvista una politica industriale strutturata che permettesse al sistema di continuare ad irrobustirsi e ad evolvere. Si sono perse di vista le enormi potenzialità che esprime il binomio ambiente – lavoro che non va considerato come una contrapposizione di fattori quanto, invece, una relazione da cui produrre crescita di qualità, imprese, occupazione e reddito.

Nel decennio il nostro sistema produttivo è arretrato in una serie di fondamentali (a partire dalla crescita

del Pil/abitante) perdendo 43 posizioni rispetto ad altre Regioni europee e si sono perse migliaia di imprese

artigianali. Grazie alla Legge Regionale Rilancimpresa e il riordino dei Consorzi industriali, il sistema produttivo ha saputo evolvere ed ottenere eccellenti risultati in termini di investimenti provati, export e produzione di ricchezza.

Va accresciuta l’efficacia delle politiche industriali avendo chiare le direttrici fondamentali:

È necessario che almeno il 70% delle imprese rappresenti un “faro manifatturiero”, una funzione che non può essere ascritta ad un limitato novero di aziende, e quindi si intende sostenere i progetti di R&S che migliorino i processi produttivi ed organizzativi, anzitutto per assicurare flessibilità e tempestività della produzione, abbassino i costi, rafforzino le relazioni con il mercato, i fornitori e clienti.  

Non solo Industria 4.0. L’intero tessuto produttivo costituito dalle piccole e medie imprese va orientato in modo pervasivo e capillare alla digitalizzazione e all’innovazione tecnologica, che determina vantaggi competitivi, anche agendo ulteriormente sulla Strategia di specializzazione intelligente S3, su IP4FVG e sul sistema Argo, che si propone di far interagire ricerca e industria al fine di rafforzare i processi e prodotti influendo sulla produttività economica e la generazione di nuovi posti di lavoro.

L’innovazione è prima di tutto una cultura di comunità, che si esprime nella capacità di interpretare i cambiamenti e di saperli valorizzare, non solo in termini tecnologici: vale, perciò, non solo per le start up o le imprese ad alto contenuto di conoscenza (kibs) ma per tutti i settori della nostra economia e del nostro vivere sociale.

Il Friuli Venezia Giulia presenta potenzialmente tutti i fattori che determinano un’area innovativa (qualità della vita, incontro di culture, sistema di alta formazione e di ricerca, buoni servizi) e deve usare questa leva per l’attrazione in particolare di giovani.

La seconda leva è connessa con le politiche fiscali. Se ben utilizzate e calibrate, concorrono a migliorare le performance e la competitività delle imprese, a promuovere investimenti innovativi e sostenibili nei diversi settori.

Nell’ambito delle prerogative dell’autonomia ed integrando interventi specifici dello Stato, si utilizzerà la leva sull’Imposta regionale sulle attività produttive rimodulandone le aliquote (Irap) per incentivare politiche industriali orientate alla competitività, a corrette politiche del lavoro, alla transizione energetica ed ecologica.

Serve, inoltre, agire con maggiore coraggio nella sburocratizzazione degli strumenti di incentivazione legati alle politiche economiche, che oggi sono farraginosi, obsoleti, costosi per le imprese e per la macchina pubblica.

I fattori territoriali della produzione, incardinati nei Consorzi di sviluppo economico, rappresentano asset strategici e motori di attrattività produttiva.

Va portata a compimento la parte della loro missione legata alla promozione produttiva dei territori in cui sono collocati, che assume una valenza in particolare nei contesti montani in cui operano due Consorzi collocati a fondovalle (Maniago, Amaro) per fornire struttura alle valli in modo che non “franino” ancora in termini di imprese e posti di lavoro, e va attuata una governance tra i vari Consorzi distribuiti in Friuli Venezia Giulia e le strutture e agenzie logistiche, portuali e ferroviarie, in modo da supportare le esigenze di gestione dei flussi di trasporto delle imprese manifatturiere ed elevarne la competitività.

Siamo una Regione che esporta molto. Vi è la necessità parallelamente di consolidare il mercato interno. In particolare, vanno sostenuti i progetti che alimentano questa componente del mercato che s’intersecano alla transizione energetica, alla rigenerazione urbana e alla prevenzione del territorio poiché fattori che alimentano risorse pubbliche e private, irrobustiscono settori, a partire dal variegato comparto dei servizi di progettazione, delle costruzioni e dell’artigianato, favoriscono la creazione di profili professionali e nuove aziende.

Promuovere l’implementazione del Distretto industriale regionale della navalmeccanica con baricentro lo stabilimento cantieristico monfalconese inteso come leva di innovazione dei processi produttivi ed area di reclutamento della manodopera. Lo stabilimento di Monfalcone sarà la “stella polare” attorno cui dovranno catalizzare e mettere in relazione una pluralità di Pmi in modo da capitalizzare competenze e conoscenze di eccellenza (dai sensori alla meccatronica, dalla domotica all’elettronica) che possono integrarsi nel

tessuto produttivo regionale creando nuova industria ed occupazione.

La crescente strategicità della nautica e dell’economia del mare, elementi costitutivi della Blu Economy, rendono indispensabile una strategia compiuta da parte della Regione ed un supporto organico a favore dei soggetti che operano nel settore poiché è possibile ampliare le opportunità di sviluppo, in termini di occupazione e produzione del reddito.

In coerenza con questo indirizzo, l’incremento dell’economia ittica è possibile attraverso politiche industriali specifiche che in questi anni non si sono intravviste.

L’agricoltura e le risorse agricole rappresentano un tratto dell’identità, della custodia del paesaggio e delle capacità produttive del Friuli Venezia Giulia.

Si tratta di migliorare la competitività delle imprese agricole, agroindustriali e agroalimentari, anche attraverso lo sviluppo dei territori rurali, la multifunzionalità e l’integrazione produttiva, il sostegno al reddito e al ricambio generazionale.

In questo senso, si utilizzeranno intensamente gli indirizzi e le risorse previste dalla politica agricola comune 2023 – 2027 anche ai fini del raggiungimento obiettivi ambientali e climatici previsti al 2030 e 2050 nonché al consolidamento delle aziende agricole di piccole dimensioni attraverso l’assistenza tecnica

specializzata e capillare a cura dei servizi regionali. Verrà inoltre prestata attenzione, in diretto rapporto con le imprese e le rappresentanze del settore, alle consociazioni, rotazioni, colture da rinnovo e da sovescio, nuovi sistemi di utilizzo dell’acqua anche nelle colture estensive, come l’irrigazione a goccia nella coltura del mais- agricoltura di precisione.

La bioeconomia è un orizzonte strategico cui si vuole tendere. Da un lato, si opererà per una più efficace conservazione e gestione delle risorse, ciò anche ai fini del rafforzamento dell’ecosistema montano, e dall’altro si stimolerà la costituzione di biodistretti agricoli quali strumenti che permettono la qualificazione di imprese e produzioni e di porsi in sintonia con le esigenze dei consumatori

In relazione con le Università regionali si stimoleranno le ricerche sulle coltivazioni strategiche al 2100 anche ai fini di stimolare processi di riconversione, la bonifica dei terreni inquinati, l’innovazione ed il coinvolgimento di giovani operatori, sfruttando le opportunità di filiere come quella della canapa industriale e dei nuovi sistemi di produzione ecosostenibili, in grado di fornire prodotti di qualità e interessanti opportunità occupazionali, come l’acquaponica e l’idroponica.

Più in generale, i “sistemi esperti” sono da considerare di aiuto nelle diverse fasi decisionali delle coltivazioni avvalendosi di una qualificata presenza di ricerca, sperimentazione e assistenza tecnica pubblica in grado di proporre soluzioni innovative in diretta relazione con le esigenze del mondo agricolo. È necessario far evolvere ulteriormente le istituzioni regionali deputate alla ricerca, all’assistenza agli agricoltori, all’innovazione assegnando struttura alle buone pratiche agricole.

L’impegno sarà rivolto a favorire la diffusione dell’uso di sistemi di difesa delle piante alternativi imperniato sul meccanismo “presenza del patogeno o del parassita” e sulla “distribuzione input di contrasto di origine chimica”.

L’economia e le persone hanno bisogno di uno strutturato sistema cooperativo. Lo stesso futuro, giusto, sostenibile ed innovativo, lo si deve immaginare attraverso il protagonismo dei soci lavoratori che conducono imprese che operano con successo nel settore del welfare, dei servizi, delle banche di territorio, della logistica, delle costruzioni e della creatività. Si tratta di un sistema che è naturalmente portato a realizzare solide collaborazioni con le altre reti associative e le comunità locali.

Intendiamo sostenere questa forma d’impresa che può fornire modelli eccellenti di impresa e un contributo utile a far fronte ai nuovi fenomeni che ci attraversano, come il cambiamento climatico, la regressione demografica, la precarietà e le diseguaglianze, e uno spazio di lavoro per le giovani generazioni.

In particolare, attraverso la reintroduzione dell’Assessorato alla Cooperazione, in modo da ricomporre funzioni oggi disseminate tra diversi assessorati e rendere efficaci le politiche di settore, il coinvolgimento del sistema nella concertazione alla scala regionale e territoriale, il potenziamento delle filiere produttive, a partire dagli ambiti agroalimentare e della ristorazione, che permettono le aggregazione di impresa, l’impulso per la promozione delle “Cooperative di Comunità”, anche portando a compimento l’iter legislativo regionale per la loro formazione, e il sostegno attivo del modello WBO (Workers BuyOut – imprese recuperate) per far fronte alle crisi aziendali e di settore, che potrà realizzarsi con l’istituzione di un fondo di rotazione ‘dedicato’ associato a specifici fondi cooperativi, di CFI e del MISE.

Non tutte le cooperative, però, sono uguali: spesso operano sul mercato cooperative spurie e fuori legge che non riconoscono stipendi e diritti, fornendo un’immagine negativa dell’intero sistema. Per tutelare chi lavora bene e rispetta le regole, i Bandi di Gara saranno ripensati, anche per evitare la formula il ‘massimo ribasso’, ed i controlli rigorosi.

Vogliamo diventare una Regione capace di accogliere quanti, in un mercato interno e globale, si propongono

di muoversi sempre più per ragioni profonde, di auto-realizzazione e auto-determinazione. Il mondo cambia e i viaggiatori, turisti, appassionati e le generazioni Y e Z, cioè i nati dopo il 1981 e i nativi digitali (ormai il 50% dei turisti), suggeriscono di focalizzarsi sull’autenticità e sul senso di appartenenza, sulle mete poco conosciute, sulle modalità sostenibili di spostamento.

Vanno pertanto introdotte strategie e misure per la ripresa e consolidamento di un turismo responsabile, sostenibile e accessibile.

Il territorio regionale nelle sue diverse componenti è ideale per affermare queste caratteristiche connesse con l’offerta agroalimentare e l’artigianato e richiede un’immagine distintiva e valori che vanno efficacemente trasmessi anche attraverso un brand creativo e persuasivo e un DMO, come Promoturismo Fvg, che sappia comprendere e intercettare nuovi fenomeni, cogliere l’originalità di ogni destinazione e le specializzazioni in relazione con il paesaggio e l’universo delle produzioni.

Il Friuli Venezia Giulia deve contraddistinguersi ulteriormente quale meta turistica ideale per il turismo culturale, l’archeologia industriale, il cicloturismo e il turismo religioso.

In particolare, ci può avvalere dei Cammini religiosi ed esperienziali poiché sono in crescita le persone, i viaggiatori, i viandanti che hanno compreso che il cammino nutre l’anima e permette l’avverarsi di

esperienze ed incontri. Così Cammini, Vie, sentieri, storici o di più recente acquisizione, alimentano la tensione, individuale e di gruppo, verso la ricerca e la predisposizione di stati d’animo e verso la scoperta dei processi storici.

Il sistema commerciale e terziario regionale è caratterizzato da una pluralità e diffusione delle imprese, spesso gestite da giovani, che assicurano qualità e vitalità alle nostre città e paesi.

L’innovazione deve coinvolgere anche questa componente dell’economia e, in questo senso, richiede la qualificazione dell’offerta del sistema commerciale con la sburocratizzazione e la dematerializzazione dei processi formali e il sostegno allo sviluppo dell’e-commerce.

Intendiamo si affermi un’idea nuova di concepire e vivere i luoghi, che nella fase del Covid è in qualche misura emersa: la prossimità come valore e come progetto. Ciò richiede una spinta alla formazione e diffusione di negozi plurifunzionali, di esercizi di vicinato, di mercati rionali e, di riflesso, il contrasto al proliferare di robuste strutture commerciali lungo le reti viarie, nell’ambito di rotonde e nelle periferie urbane.

La storia e l’esperienza delle comunità ha reso disponibili asset cui avvalersi per affermare coesione, una positiva gestione delle risorse e modelli di sviluppo sostenibili.

L’economia solidale e i domini collettivi rappresentano infatti e valori e condizioni da utilizzare in misura maggiore rispetto il recente passato favorendo le tipologie d’impresa sociale e i beni comuni (edifici, terreni agricoli, boschi) che permettono la creazione di valore aggiunto e la valorizzazione delle risorse locali.

Coerentemente, verranno assicurata la completa attuazione alla Legge regionale 23 marzo 2017, n. 4. e la realizzazione dei progetti promossi dai vari soggetti territoriali.

Il lavoro è l’infrastruttura fondamentale per una società equa e uno sviluppo di qualità. Un lavoro sicuro, ben retribuito e che assicuri valore alla persona.

Accanto alla parziale ripresa dell’occupazione, si registra il ricorso agli ammortizzatori sociali che è ancora ampiamente al di sopra dei livelli antecedenti il 2020 e larga parte delle nuove posizioni lavorative attivate sono state a tempo determinato (Banca d’Italia). Come si assiste all’impossibilità di superare la mancata corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro sia relativamente alle competenze innovative sia ai profili professionali tradizionali.

La Specialità rappresenta una leva straordinaria per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo equo e giusto, di incrementare la quota dei lavoratori occupati assicurando la loro stabilità, con meno lavori intermittenti e precari, garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro, promuovendo la prevenzione e non solo gli interventi sanzionatori, spesso tardivi.

In primo luogo, è fondamentale accrescere ulteriormente l’occupazione femminile, dal 60% attuale (in Germania è al 73%), anche attraverso il potenziamento delle politiche di conciliazione e le misure a sostegno della maternità, e l’occupazione giovanile, intervenendo con misure che integrino quelle statali di sgravio contributivo per le nuove assunzioni e con l’introduzione di Pass Laureati, la promozione dell’apprendistato e l’estrazione di talenti e agendo sulle persone in continuo aumento che non si trovano né in situazione lavorativa né seguono un percorso di studi (Neet).

Sono le condizioni primarie che costituiscono una società giusta e capace di progredire, senza working poors e la costrizione delle persone ad emigrare.

Serve consolidare le attuali politiche attive del lavoro e modelli di formazione, che determinano impatti inferiori rispetto alle potenzialità, e le relazioni con le imprese in modo da assicurare competenze e profili professionali all’altezza delle sfide della contemporaneità, alla velocità dei cambiamenti e alle esigenze del sistema produttivo.

Un programma vasto della formazione che svolga una funzione strategica per corrispondere alle dinamiche della domanda ed offerta di lavoro e alle aspirazioni individuali. Vi è la convinzione che questo progetto rappresenti un valore poiché supporta la crescita e la coesione sociale. Questa operazione comporta il coinvolgimento degli attori del sistema (imprese, rappresentanze dei lavoratori) e assunzioni di responsabilità.

Un programma rivolto ai lavoratori che saranno inevitabilmente coinvolti dalle disruption professionali in virtù dei continui cambiamenti dei processi produttivi spinti dall’innovazione tecnologica e dalla digitalizzazione. In tal caso, è necessario condividere con il sistema delle imprese vere e proprie “piattaforme” di lifelong learning e formazione continua dei lavoratori, partendo dal loro protagonismo e coinvolgimento, in presenza e a distanza, in modo che possano passare in sicurezza e senza precarietà da un ruolo ad un altro ed affinare competenze già esistenti.

L’incentivazione e l’implementazione di modelli di partecipazione dei lavoratori, organizzativa e progettuale, nelle medie e grandi aziende, nel rispetto dell’art. 46 della Costituzione, non solo valorizza il contributo che possono fornire ma può migliorare ed ottimizzare gli stessi processi produttivi.

Verrà prestata attenzione alle Academy predisposte dalle aziende del territorio che si propongono il reskilling e l’upskilling dei lavoratori finalizzati a rispondere ai cambiamenti interni e alle esigenze produttive e che permettono di conciliare produttività ed inclusione.

Si tratta di assicurare opportunità ai lavoratori perché possano diventare protagonisti attivi nell’economia della conoscenza e nello sviluppo economico sostenibile ed accedere a posti di lavoro migliori. Desideriamo che i lavoratori possano rafforzare motivazioni e ottenere soddisfazioni personale.

I Centri per l’Impiego (CPI) sono erogatori essenziali dei servizi delle politiche attive per il lavoro e per il reinserimento delle persone disoccupate o senza lavoro nel sistema produttivo.

Se è necessario elevare le proprie prerogative e determinare impatti concreti sull’occupazione, si tratta di procedere alla sburocratizzazione dei processi, all’incremento delle dotazioni strumentali e all’efficienza gestionale mentre il potenziamento in corso delle risorse umane deve comprendere profili, dai tecnici ai mediatori culturali, che permettano, tra l’altro, di migliorare l’erogazione dei servizi assistenza tecnica, informativa e orientativa on-line.

I percorsi di formazione post diploma ITS verranno rafforzati per corrispondere alle esigenze di disporre di competenze tecniche in relazione ai settori della produzione e aree territoriali, come verranno strutturati corsi brevi per l’acquisizione di competenze digitali.

Negli appalti pubblici, riguardo opere o fornitura di servizi (Regione, Comuni, Agenzie diverse), saranno continue le attività di monitoraggio riguardo il rispetto della sicurezza, della congruità salariale e dell’assolvimento dei diritti.

I regolamenti sui tirocini vanno ripensati per renderli aderenti alle esigenze formative ed occupazionali delle persone e evitare il lavoro sottopagato. Le modalità di integrazione del mondo della scuola con quella del lavoro dovranno essere reimpostate perché non accadano incidenti di cui siamo stati testimoni e per rispondere meglio alle esigenze di far vivere a ragazzi l’atmosfera aziendale.

Il lavoro sicuro è un’urgenza. Ci saranno consistenti investimenti per favorire attività di prevenzione per evitare incidenti sul lavoro, l’introduzione white pass al fine di permettere alle imprese l’accessibilità ai Bandi solo se in linea con sicurezza, l’adozione di altri strumenti volti a premiare le aziende virtuose e favorire l’acquisizione di sostegni pubblici.

Coniugare legalità e sicurezza nel caso di Monfalcone con la realizzazione di un piano di fattibilità che renda efficace un nuovo patto interistituzionale Comune – Regione – Fincantieri coerente con il progetto di sviluppo aziendale e con gli attuali piani industriali e predisporre con il supporto del Cnel un nuovo patto di legalità più stringente e efficace. È necessario migliorare la qualità della vita dei lavoratori sia diretti sia del subappalto e stabilizzare il quadro sociale ed economico mantenendo sul territorio il know how.

L’intero processo dei controlli deve avvalersi delle attività dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Legge 10 dicembre 2014, n. 183) anche attraverso la stipula di Protocolli d’Intesa con la Regione al fine di garantire l’efficace ed uniforme svolgimento dell’attività di vigilanza ed evitare la sovrapposizione degli interventi in capo ad altre strutture, in coerenza con le norme in materia di vigilanza sul lavoro e legislazione sociale, in modo da ottenere effetti sulla salute e sicurezza sul lavoro (dove si registra un incremento del 12% degli infortuni, spesso gravi e mortali; 2022/2021).

In un contesto economico e politico caratterizzato da grande incertezza ed in un mondo che cambia, l’istituzione regionale deve porsi a fianco dei lavoratori e delle lavoratrici coinvolti dalla crisi delle imprese e da aziende soggette a profonde ristrutturazioni. L’assillo è assicurare tenuta sociale e non lasciare le persone nell’incertezza.

Attraverso il “patto per uno sviluppo circolare di qualità” tra le parti si potranno definire strumenti specifici

per affrontare processi di deindustrializzazione e di trasformazione produttiva nonché chiamare i soggetti coinvolti ad una rinnovata responsabilità rispetto agli interessi generali e al bene comune.

 La diffusione del precariato, non più ascrivibile alle sole classi d’età più giovani né alla componente privata della produzione, richiede un nuovo modello pubblico di intervento orientato ad incentivare le assunzioni e promuovere misure di sostegno del reddito, anche integrando gli interventi nazionali.

Per i lavoratori e le lavoratrici in difficoltà economiche verranno previsti interventi di microcredito, aggiuntivi al pacchetto di sostegni alle famiglie, in un contesto di modello di welfare generativo. Si procederà anche attraverso sperimentazioni e provvedimenti legislativi per sostenere il reddito e il salario minimo, e a sostenere per il tramite di un contributo di continuità i lavoratori dello spettacolo.

 È necessario far rientrare giovani e donne, attrarre più giovani attrezzando il sistema alla doppia rivoluzione energetica e digitale, attraverso un programma mirato a sostegno della residenza e a reali opportunità professionali utilizzando, nell’ambito delle prerogative della Specialità regionale, forme di agevolazioni fiscali tra loro non incompatibili.

 Giovani e donne devono avere la possibilità di esprimersi in tutte le loro potenzialità considerato che rappresentano risorse che non possiamo permetterci che lascino il Friuli Venezia Giulia o che vivano situazioni di precarietà. Vanno potenziati, incentivati ed accelerati corsi di formazione sui green Jobs e sui lavori digitali, dove il miss match tra offerta di lavoro e domanda è sensibilmente maggiore. Questi sono i lavori di cui la transizione ecologica e digitale ha bisogno.

Nella più generale dinamica legata allo sviluppo e alla formazione della società, in contributo importante è fornito dagli stranieri residenti in Friuli Venezia Giulia, che sono progressivamente diminuiti raggiungendo la quota di 113.000 (9,5% sulla popolazione).

Un elemento confortante è dato dagli oltre 54.000 occupati e circa 17.000 imprenditori stranieri, anche se la crescita è meno sostenuta rispetto al recente passato.

Vi è la necessità di affrontare con rigore, apertura e equità la questione delle migrazioni, a partire dall’accessibilità ai servizi che non può essere vincolata ad un numero elevato di anni di residenza in Regione, come applicato dalla Giunta Fedriga, e all’acquisizione della cittadinanza, avendo consapevolezza che all’intero sistema servono più persone per fare società, lavoro e impresa (Irpef, Pil) e concorrere alla sua e contribuire dal punto fiscale e previdenziale.

La sanità è un bene comune e deve essere pubblica. Una sanità pubblica, che cura e si prende cura dei cittadini.

Il decadimento di questo fondamentale del Friuli Venezia Giulia è rilevante e documentato anche da autorevoli report nazionali.

Secondo i dati Istat, la regione con la più alta mortalità da Covid nel 2021 risulta essere il Friuli Venezia Giulia, con un tasso doppio rispetto alla Liguria, regione con l’età media più alta in Italia.

Il Rapporto Ambrosetti 2022, in base a dati Agenas, pone il Friuli Venezia Giulia all’ultimo posto in Italia per quanto riguarda la spesa pro capite per prevenzione collettiva e sanità pubblica nel 2021. I dati “bersaglio” 2021 della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa collocano il Friuli Venezia Giulia come la regione peggiore, tra quelle monitorate, per percentuale di obsolescenza tecnologica e per rispetto dei tempi massimi negli interventi chirurgici per tumore. Solo per citarne alcuni.

Non sono sufficienti la straordinaria dedizione e il competente impegno del personale.

Il cittadino è lasciato solo considerato che siamo in presenza di nomadismo sanitario che costringe a cercare disperatamente la prestazione in giro per la Regione, verso altre Regioni o verso il privato, a scapito di un percorso di salute che dovrebbe essere accompagnato.

Mentre i ‘piccoli’ ospedali si svuotano delle specialità e funzioni, una volta d’eccellenza, gli ospedali hub di Udine, Trieste e Pordenone sono oberati da richieste che potrebbero trovare risposte nei territori più vicini ai cittadini.

I Pronto Soccorso sono al collasso e con essi la filiera dell’emergenza. Nulla è stato fatto per un sistema dell’Emergenza urgenza che si presenta arretrato, carente e inadeguato.

Le liste d’attesa sono ormai fuori controllo: spesso il cittadino attende mesi o addirittura anni per avere risposte dal sistema sanitario e per più del 50% delle prestazioni è costretto a rivolgersi al privato, pagando di tasca propria.

I servizi nelle Aziende sanitarie si trovano sempre più a corto di personale, sotto stress e in fuga dalla sanità pubblica, ma il centrodestra non ha saputo trovare altre soluzioni che affidare una quota sempre maggiore di prestazioni al privato.

Tutto questo non può avere come unico responsabile il Covid, né si può sperare di risolvere magicamente le criticità grazie alle risorse del Pnrr, che prevede investimenti sulle strutture.

Non serve un’ennesima riforma ma una riqualificazione dei servizi esistenti. È necessario correggere i difetti della riforma sanitaria attuale e garantire una rinnovata capacità di governo politico e manageriale, in grado anche di guardare alla sanità del futuro. Il punto di partenza è la valorizzazione delle persone, dei servizi e delle competenze maturate negli ultimi 40 anni, che ne hanno garantito la resilienza in questo periodo difficili.

Sono 11 le azioni da intraprendere con urgenza:

  • Welfare dei cittadini. Dal welfare assistenziale a quello generativo

L’esplosione delle famiglie unicellulari e la mono genitorialità, la fragilità dei rapporti interpersonali

acuiscono gli effetti dell’invecchiamento della popolazione, che trascina con sé tra le altre le cronicità e il

decadimento cognitivo, poiché si dissolvono reti di sicurezza e reciprocità e si richiede, in primo luogo, di

ripensare ai tradizionali modelli di welfare e alle modalità di erogazioni dei servizi territoriali.

Si promuoveranno progetti per le famiglie e le persone più fragili, in coerenza con le dinamiche

demografiche; asili nido universalistici e gratuiti considerato che svolgono la funzione di riequilibrio sociale

e di supporto al lavoro femminile e che il 30% dei bambini sotto i due anni e mezzo accede al servizio in

Regione.

Si tratta di elevare le capacità dei Comuni di accedere alle risorse Pnrr destinate alla realizzazione delle strutture sociali e di dotarli di risorse regionali per la successiva gestione dei servizi.

È necessario il rafforzamento della “dote famiglia” attraverso il potenziamento dei contributi, in budget e

continuità, per le famiglie con basso Isee.

Vanno altresì introdotte nuove misure per la promozione della cultura dell’inviolabilità e per il contrasto di ogni forma di violenza e discriminazione, così come va contrastata la dipendenza da gioco d’azzardo.

  • Una Regione non più per donne. Un cambio di paradigma promuovendo la genitorialità e sostenendo l’infanzia

La nostra non è (più) una Regione per donne, non è una Regione per genitori, né per bambini e bambine.

Una Regione così, come il Paese, non ha futuro.

La lotta alle disuguaglianze parte dall’investimento di risorse nei primi anni di vita di bambini e bambine, questo è un dovere dell’intera comunità.

Siamo coinvolti dal problema tragico di denatalità ed esiste un enorme problema culturale poiché sono stati messi in un angolo quanti mettono al mondo dei figli. All’angolo sono stati messi anche i bambini e le bambine, le ragazze e i ragazzi, smettendo di investire, materialmente e moralmente, nel loro sviluppo, nelle opportunità, nel loro e nel nostro futuro.

Allora serve un cambio di paradigma. Si tratta di declinare tutte le politiche con l’obiettivo di garantire alle bambine e i bambini il migliore inizio. In questo modo si costruiscono le condizioni per affermare una società più equa, giusta, forte.

Sappiamo quanto siano importanti i primi 1.000 giorni di vita e quanto incida sullo sviluppo dei più piccoli l’ambiente più prossimo, soprattutto familiare. Influiscono anche i fattori economici, sociali e culturali condizionando l’ambiente familiare e determinando precoci diseguaglianze nello sviluppo.

Proprio per queste ragioni sentiamo la responsabilità di promuovere la genitorialità responsiva, la co-genitorialità, aumentando non solo i servizi, i congedi e il welfare attorno alle famiglie, integrando le misure e parlando un linguaggio comune, così pure è importante sostenere le competenze genitoriali e il valore sociale e comunitario dell’essere genitori. Solo così si potrà mitigare l’effetto di condizioni di partenza sfavorevoli.

Ci proponiamo di rispondere ai bisogni di sviluppo dei bambini (salute, nutrizione, educazione, protezione sociale, genitorialità responsiva), visto che sono tra loro strettamente connessi, in modo strutturale.

Occupandoci delle loro famiglie, sostenendole con risorse materiali e supportando le loro competenze genitoriali, rendendo finalmente possibile un approccio integrato tra i diversi servizi e settori (sanitario, educativo, culturale e sociale).

Intendiamo garantire a ogni genitore di poter usufruire, in quanto livelli essenziale di assistenza, di percorsi di accompagnamento nei primi periodi di vita del bambino, a partire dal periodo prenatale e per i primi anni di vita, realizzati con il concorso di una pluralità di servizi.

Prevediamo che servizi per l’infanzia e le loro articolazioni a livello territoriale siano supportati dalla formazione di meccanismi che permettano la condivisione, la migliore progettazione e gestione (tavoli, Conferenze permanenti, Accordi di piano, Accordi di programma).

In particolare, riguardo l’analisi dei bisogni, la pianificazione degli interventi, la definizione e facilitazione di percorsi, le modalità di comunicazione e di operatività proattive che consentano di raggiungere l’universo delle famiglie del Friuli Venezia Giulia.

Sarà assegnata la priorità per le situazioni maggiormente vulnerabili e a rischio.

  • Oltre alla retorica degli “anziani come risorsa

Abbiamo sempre sostenuto che gli anziani sono una “risorsa” per la società e le comunità locali.

Mai come in questo momento questa affermazione è vera. Si tratta, infatti, di una quota della popolazione consapevole e competente con un sempre più elevato numero di anziani istruiti, con un titolo di studio pari a un diploma o a una laurea.

Ma è necessario fornire risposte concrete, diversamente prevale la retorica.

La regressione demografica (7.000 nati/anno contro i 16.000 morti/anno), vero assillo della società europea e regionale, cui il governo Fedriga non ha saputo metter mano attraverso provvedimenti strutturali, sta trasformando la composizione delle classi d’età con quella + 65 anni che sta rapidamente raggiungendo il 30% della popolazione, mentre nel 2070 in Europa un lavoratore su due sarà un over 65.

La società regionale non subisce solo gli effetti dell’inverno demografico, pure del fallimento della sanità.

Riteniamo pertanto di attivare una serie di progetti-obiettivo rivolti, in primo luogo, nei confronti dei settori della salute e welfare considerato che la classe d’età + 65 anni sta esplodendo. Servono programmi rivolti alla prevenzione diffusa sul territorio, alla cura delle malattie croniche, alla costituzione di Laboratori locali, in cui far interagire anziani, giovani del servizio civile, operatori dei Servizi territoriali, contro la solitudine e l’isolamento ed i rischi di rapido decadimento cognitivo. Servono interventi verso le famiglie, che sono tra i primi soggetti coinvolti dallo tsunami sociale ed antropologico e sempre più unicellulari e monogenitoriali, visto che non saranno più nelle condizioni di svolgere funzioni di cura nella gestione di anziani, malati e persone con disabilità e che si dovranno occupare dei propri giovani spesso neet.

In generale, va ampliata l’offerta pubblica in termini di prestazioni sanitarie e assistenziali, avendo cura di puntare ad un’assistenza territoriale e di sostenere le prossimità delle cure nei servizi.

Le due questioni, demografia e sanità, richiedono dei tavoli di co-progettazione tra gli anziani e l’Amministrazione regionale (e i Comuni) poiché vanno ripensati alla radice i tradizionali modelli di erogazione dei servizi e delle prestazioni.

Gli anziani rappresentano una risorsa per le comunità locali, specie se da portatori di bisogno vengono messi nelle condizioni di partecipare e produrre capitale sociale (a favore delle Scuole, nella gestione dei patrimoni storici e ambientali, nei lavori di pubblica utilità, nel supporto alla Protezione Civile e alle Associazioni).

I programmi di invecchiamento attivo vanno progettati assieme, tra le persone e le istituzioni pubbliche (Regione, Comuni) in modo da determinare impatti reali e far uscire dall’isolamento un largo numero di persone, considerato che da soli i Servizi Territoriali non ce la fanno.

Gli anziani rappresentano anche una vera e propria risorsa per il lavoro. E il calo della forza lavoro produce effetti anche sul minore introito di tasse e sul sistema pensionistico.

Un anziano è un lavoratore con esperienza. La gestione delle risorse più mature in continua crescita, portatrici di valori importanti che possono trasmettere ai più giovani, deve veder impegnate le aziende, attraverso la diffusione del cosiddetto age management. Pensiamo ad apprendimento intergenerazionale dove in cambio i giovani possono trasmettere valori e conoscenze, a livello soprattutto digitale, che possono essere utili a chi rischia di restare escluso dalla società.

Servono alcune misure specifiche per favorire lo scambio reciproco virtuoso e, per raggiungere questo obiettivo, oltre alla lungimiranza delle aziende serve quella della Regione.

Verrà proposto un monitoraggio per capire quali sono le disponibilità, delle imprese e delle persone a mettersi in gioco, per poi procedere ad una legislazione regionale coerente con i principi dell’active ageing (formazione continua), sfruttando gli spazi della specialità ed autonomia.

Allestiremo un sistema integrato di interventi e servizi sociali, di condivisione di capacità e bisogni, ed assicureremo la partecipazione diretta alla costruzione dei modelli regionali di welfare, di impegno nelle comunità locali e nel mondo del lavoro.

  1. Servizi educativi, Scuola, Università e Centri di ricerca per il Friuli Venezia Giulia del presente e del domani

Affermare una scuola aperta, inclusiva, dei diritti e dei doveri, delle pari opportunità attraverso una scuola maggiormente integrata al territorio e alla società con l’utilizzo del metodo della coprogettazione e la creazione di reti educative tra Enti locali, sistema scolastico, terzo settore.

Nell’ambito delle competenze e prerogative dell’autonomia regionale, intendiamo ripensare ai tradizionali modelli organizzativo per la scuola in montagna, nelle zone più isolate e a bassa densità di popolazione

Per quanto riguardo rete dei nidi e dei servizi educativi, verranno potenziati per garantire l’accessibilità e l’abbattimento dei costi nella fascia d’età 0 – 3; mentre per la fascia 0 – 6 si contrasterà la povertà educativa favorendo una reale inclusione sociale

Il diritto allo studio non omogeno per tutte le famiglie e i giovani del Friuli Venezia Giulia. I costi di

iscrizione, dei percorsi scolastici, dei trasporti non sono accessibili a tutti allo stesso modo. Si interverrà in

modo che questo diritto appartenga a tutti. Si contrasterà il fenomeno della dispersione scolastica, anche

attraverso Piani ad hoc, come il Piano per l’adolescenza a supporto del post-pandemia e si darà piena

attuazione alle norme regionali per il contrasto dell’analfabetismo funzionale ed emotivo.

Le scuole non sono sicure tutte uguali. Predisporremo un programma pluriennale, condiviso con i Comuni e le Istituzioni scolastiche, per la messa in sicurezza e l’efficientamento degli edifici.

Si tratta di creare una maggiore coerenza tra la programmazione dell’offerta formativa (Istruzione, Formazione Professionale e Istruzione Tecnica Superiore), l’orientamento e il sistema economico produttivo regionale

Va assicurata la flessibilità dell’orario scolastico poiché attualmente la scuola pubblica (infanzia e primaria in particolare) dispone di orari che non corrispondono ai bisogni delle famiglie, specie nel caso in cui entrambi i genitori lavorano. Serve ampliare l’orario in termini di pre-accoglienza, post accoglienza e doposcuola considerato che questi servizi vengono attivati a completa discrezione e finanziamento dei Comuni (ad esempio, i servizi scolastici a domanda individuale con contribuzione delle famiglie).

È necessario quindi incentivare, attraverso specifici fondi regionali, l’attivazione di servizi integrativi alla luce del fatto che non tutti i Comuni possono permetterseli.

Ulteriore linea d’intervento è rivolta alla riduzione e alle esenzioni per famiglie con basso Isee dei servizi scolastici a domanda individuale, che in generale prevedono la contribuzione delle famiglie.  Alcuni Comuni hanno già operato in questo senso secondo il principio che non si elargiscono contributi a ristoro (chi non ha possibilità non può anticipare visto che i contributi influiscono sulla consistenza del reddito e falsano l’Isee) quanto si esenta a monte.

L’impegno è rivolto a rendere le preziose Università, le Strutture, Centri e Istituti di ricerca sempre più autorevoli ed internazionali, capaci di attrarre talenti, di stabilire strette connessioni con territori ed imprese, e far evolvere il Friuli Venezia Giulia.

  1. Connettersi all’Europa e al Mediterraneo, accedere ai luoghi, muoversi in libertà e in sicurezza

La rete dei trasporti e i servizi di mobilità rappresentano settori ampiamente penalizzati dall’ azione di governo della Giunta Fedriga.

Si è assistito ad un generale indebolimento della qualità dei servizi di trasporto delle persone, non si sono attivate soluzioni per incrementare l’utilizzo dei mezzi pubblici e, a fronte di un aumento fino al 12% dei biglietti, si sono registrati seri ritardi nella promozione di azioni e investimenti finalizzati a rafforzare i servizi di trasporto, in termini di dotazione del personale, affidabilità e frequenza.

Gli stessi progetti sostenuti da investimenti Pnrr rischiano di non essere portati a compimento entro il 2026.

Si deve affermare un modello dei trasporti e della mobilità inclusivi, efficienti e sostenibili.  

Si procederà alla rapida attuazione di programmi di riconversione dei parco-veicoli delle grandi aziende pubbliche.

Al fine di potenziare di potenziare l’«offerta» dei servizi e sostenere la «domanda» di mobilità, si:

Verrà introdotto alla scala regionale il MaaS (Mobility as a Service) per supportare la mobilità sostenibile delle persone, favorire l’intermodalità e garantire l’accessibilità nei luoghi periferici e poco serviti. 

Il Friuli Venezia Giulia rappresenta un territorio di intersezione tra il Far East, il Mediterraneo, l’Europa Centrale e Centrorientale, incardinato nel Corridoio 1/Baltico Adriatico e 3/Mediterraneo, ed è connotato da una robusta articolazione urbana policentrica.

Queste funzioni non sono supportate da un sistema ferroviario di elevata qualità nel trasporto delle persone né da una rete dotata di capacità per sostenere il trasporto delle merci.

Si assiste a tempi di percorrenza piuttosto troppo lunghi sulla direttrice Trieste – Venezia, ma anche sulla linea storica che collega le 4 principali città del Friuli Venezia Giuli, con servizi che spesso non corrispondono alle esigenze dei viaggiatori causa i frequenti disservizi e disagi. Sono ancora numerosi i servizi ferroviari che si arrestano a Venezia-Mestre anziché proseguire per la nostra Regione: ogni giorno 35 i treni Freccia Rossa di Trenitalia collegano le città di Padova e Venezia, mentre sono solo 3 che raggiungono Trieste e solo 2 Udine.

Serve un radicale cambio di passo considerato che non è possibile rimanere isolati dall’Italia, che si vuole aumentare la competitività industriale e rendere disponibili servizi che permettano alle persone di muoversi rapidamente. Ciò rappresenta un diritto delle persone, leva della competitività e di promozione territoriale.

A Rfi viene richiesto il rispetto del programma degli investimenti che consenta di superare strozzature e

fragilità del sistema attraverso l’irrobustimento complessivo della capacità ferrovia in modo da favorire il

transito di treni almeno di 750 mt, il completamento dei lavori nei nodi di Udine e Monfalcone, il

potenziamento tecnologico e velocizzazione della linea Venezia – Trieste al fine di ridurre i tempi di viaggio,

almeno ad 1 h di percorrenza, ed aumentare del 25% la capacità dei treni merci e passeggeri.

Il Friuli orientale e la zona di Pordenone sono aree strutturate con nodi logistici e reti di trasporto di primo livello che vanno ulteriormente rafforzate e qualificate, anche attraverso interventi coerenti.

A Trenitalia e Rfi si richiede di aumentare il livello generale dei servizi di trasporto per i passeggeri, non

solo le tariffe (+10% nel corso degli ultimi anni).

I territori non possono essere considerati una commodity territoriale cui assegnare la mera funzione di agevolare i transiti delle merci tra il Mediterraneo e l’Europa.

Nell’intento di integrare manifattura, logistica e territorio, si favorirà l’organizzazione di un forte ecosistema logistico-industriale a supporto dello sviluppo del Friuli Venezia Giulia, anche tramite un modello di governance ed alleanze funzionali che metta a sistema in correlazione una pluralità di asset (porti, interporti, scali, centri merci) e servizi logistici su scala regionale.

Va sottolineata la capacità di sviluppo espressa dall’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale che, in relazione all’esigenza di organizzare un ecosistema strutturato e competitivo, può e deve rappresentare un fattore di integrazione e motore di competitività del tessuto imprenditoriale, sostenendo gli stessi processi di internazionalizzazione. L’Autorità di Sistema ha puntato, attraverso un accordo con Rfi e consistenti investimenti, sul potenziamento e ammodernamento tecnologico delle infrastrutture esistenti ottenendo risultati importanti nella mobilità delle merci. Vanno sfruttate tutte le potenzialità dal Porto Franco

Internazionale di Trieste.

Va garantita l’accessibilità ferroviaria e stradale alle aree industriali regionali.

Attraverso le risorse del Pnrr va potenziata la logistica territoriale, le infrastrutture e il digitale da cui possono trarre beneficio le persone e le imprese.

Il dialogo con le comunità e la capacità di conciliare il programma delle infrastrutture con i programmi di territorio permettono di affrontare le possibilità e criticità, quali quelle che si presentano sulla tratta ferroviaria Trieste – Venezia Mestre (bivio di San Polo), che suggeriscono l’organizzazione di un sistema di “metropolitana leggera” e il diniego ad interventi in galleria o “trafori” (Carso).

I progetti che vedono le comunità coinvolte sin da subito attraverso il débat public, che vogliamo introdurre come prassi per affrontare temi e questioni complesse, acquisiscono credibilità ed efficacia realizzativa impendendo con ciò il determinarsi di conflittualità esasperanti, spreco di denaro ed allungamento dei tempi di costruzione.

Serve maggiore attenzione per lo scalo regionale di Ronchi dei Legionari che richiede visione e stabilizzazione della sua funzione, nell’ambito dell’incoming e dell’intermodalità ed in relazione con il sistema aeroportuale del nord est, perseguendo le politiche di continuità territoriale per aumentarne le

tratte e i collegamenti.

Va attivata la Zona logistica semplificata del Friuli Venezia Giulia che rappresenta un’occasione, in coerenza con le esigenze di equilibrio dell’assetto regionale, per l’attrattività produttiva considerato che permette agevolazioni fiscali ed economiche.

Dalla zonizzazione è indispensabile passare rapidamente all’approvazione del Piano Strategico (DGR 495/2022) e alla sua operatività chiamando ad agire per competenza il Governo nazionale. 

Riguardo la gestione del traffico proveniente dalla pedemontana veneta, va predisposto un progetto di miglioramento infrastrutturale concentrando le risorse per superare le criticità esistenti, in ogni caso in coerenza con il progetto di territorio espresso dalle comunità locali e compatibile con la tutela ambientale delle zone coinvolte.  

Riguardo la mobilità ciclabile, l’attenzione verrà rivolta al coinvolgimento delle imprese e delle grandi aziende pubbliche in modo da favorire l’utilizzo della bici da parte dei propri dipendenti, anche sotto la guida del Manager della mobilità e la predisposizione del Piano degli spostamenti «casa – lavoro», in modo da stimolare i trasporti e la mobilità sostenibili. Inoltre, ci si propone di strutturare e dare continuità a ciclovie e

itinerari ciclabili, realizzando interconnessioni tra le dorsali principali e le reti destinate a connettere luoghi periferici, paesaggi di pregio e ambienti rurali nonché di favorire la realizzazione di hub intermodali locali.

Attraverso il continuo dialogo con i Comuni, si rafforzeranno le relazioni tra i sistemi ciclabili urbani e i contesti territoriali in modo da organizzare un sistema integrato che ampli le opportunità di accessibilità.

Vanno adottate misure ed integrate le azioni in modo da permettere alla Regione di raggiungere gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale che impongono il dimezzamento del numero di vittime e di feriti gravi entro il 2030 rispetto al 2019: in realtà, si è purtroppo passati dalle 72 vittime del 2019 alle 82 del 2021 (+15%).

  1. Protagonisti della Transizione energetica. Affermare l’economia circolare e promuovere nuove filiere produttive

La comunità regionale nel suo insieme deve diventare protagonisti della Transizione energetica poiché è l’occasione per affermare l’economia circolare e promuovere nuove filiere produttive.

La Giunta Fedriga ha tentennato e non si è posta in una posizione lungimirante per costruire da subito le condizioni per raggiungere gli obiettivi richiesti dall’U.E. e dalla comunità internazionale e, nel farlo, corrispondere alle aspettative di persone ed imprese.

Operare nei confronti della Transizione energetica significa immaginare e concorrere a ristrutturare l’economia e i processi che la presiedono, ed operare dalla raccolta differenziata e dal riciclo per fare del Friuli Venezia Giulia prima Regione europea plastic free.

Va attuata la riorganizzazione del sistema distribuito sul territorio delle partecipate pubbliche che operano nel settore della raccolta e smaltimento di rifiuti, al fine di potenziare le attività, ottimizzare l’utilizzo e la gestione degli impianti esistenti, abbassare i costi delle bollette per le famiglie e le imprese.

Riguardo la gestione dei rifiuti, vanno perseguiti gli obiettivi di economia circolare che prevedono la riduzione, il riutilizzo, il recupero della materia ed energetico e l’efficienza delle risorse, come il consumo di acqua e reagenti. Non vanno intraprese scelte di incenerimento e di smaltimento, tra gli altri dei fanghi di depurazione, che causino significativi danni ambientali di lungo periodo. Le eventuali decisioni devono essere coerenti con il Pnrr e con le norme UE riguardo la transizione e gli standard di emissione, di efficienza e il monitoraggio finalizzati a ridurre l’impatto ambientale degli impianti.

Le attività economiche non devono portare a inefficienze prevedendo l’utilizzo di materiali recuperati o

riciclati, limitando l’uso delle risorse naturali.

In coerenza con gli obiettivi della transizione energetica e con il phase out dal carbone auspicato dal Piano

nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), va perseguito l’obiettivo di anticipare la chiusura

della Centrale Termoelettrica di Monfalcone, ancora alimentata a carbone, e vanno sostenute nuove

produzioni di energia rinnovabile ad altre opzioni che prevedono l’utilizzo di fonti fossili, garantendo il

mantenimento dei livelli occupazioni attraverso Intese tra il Mite, la Regione e la proprietà.

Riguardo l’ipotesi di installazione di impianti di rigassificazione offshore nel Mare Adriatico che bagna il Friuli Venezia Giulia, laddove necessari, devono garantire il principio della compatibilità ambientale,

paesaggistica, turistica ed economica e devono assicurare l’agibilità delle infrastrutture e servizi portuali

senza frapporre intralci.

Verranno valutate altre soluzioni progettuali ed impiantistiche a mare connesse con il trasferimento di gas in forma liquida, tenuto conto del rispetto dei principi di compatibilità.

Servono soluzioni industriali “green” e di elevata innovazione tecnologica, in coerenza con la prospettiva del

rafforzamento della Blu Economy che coinvolge il sistema di Monfalcone e dell’Alto Adriatico, e va messo

in atto un tavolo interistituzionale, anche con la partecipazione dell’area vasta, per valutare impatti e

fenomeni inquinanti esito delle scelte energetiche che permetta di superare la contrapposizione tra “salute” e

“lavoro”.

Sarà piena il sostegno alla diffusione dell’autoproduzione attraverso le comunità energetiche che verranno supportate dal punto amministrativo e finanziario, a partire dalla fase progettuale. Particolare attenzione verrà posta alle ‘comunità energetiche solidali’ quali strumenti a disposizione per combattere la povertà energetica e le disuguaglianze sociali permettendo, a chi non ha i mezzi per acquisire un impianto, di usufruire dei benefici economici, oltreché concorrere alla qualità ambientale.

La produzione energetica diffusa ha diversi vantaggi poiché non richiede nuove e costose infrastrutture

di rete, responsabilizza i consumatori, garantisce contro i rischi dovuti alla dipendenza dalla rete per

l’energia.

Va perseguita la gestione innovativa dei programmi di produzione dell’energia da Fer (Fonti energetiche

rinnovabili) favorendo la filiera del legno connessa con il sistema energetico nei casi dove sostenibile.

L’idrogeno verde dovrà entrare nel mix energetico.

Secondo l’aggiornamento del Pniec, sul territorio italiano va incrementata di almeno 60 Gw la potenza installate di fonti rinnovabili entro il 2030, che per il Friuli Venezia Giulia significa incrementare l’installazione di Fer di 1,4 Gw: si tratta di un obiettivo alla portata.

Nel caso di installazione dei nuovi impianti a terra di produzione di energia, si terrà conto delle linee guida del Mise indicate attraverso il Decreto Ministeriale del 10 settembre 2010 e verrà promosso lo sfruttamento intensivo di aree dismesse, industriali, militari, marginali e degradate, come verranno utilizzati siti oggetto di bonifica. L’impegno è rivolto a prevedere un utilizzo parsimonioso dei terreni agricoli purché nella forma dell’agrivoltaico (art. 65 Dl 1/2012) e ad assecondare l’evoluzione della tecnologia e la riduzione dei costi.

Si opererà attraverso due direttrici:

Appaiono discutibili l’approvazione da parte dell’Amministrazione regionale di procedure veloci ai fini dell’installazione nelle stazioni di pompaggio di Somplago e Paluzza della Società Italiana per l’Oleodotto Transalpino (SIOT) dei cogeneratori a metano di elettricità e calore per riscaldare il petrolio facendolo scorrere più velocemente nella condotta.

Questo progetto, peraltro approvato in assenza di procedura d’impatto ambientale e destinato a consolidare le emissioni inquinanti, è stato considerato in assenza di un débat public con i Comuni e le popolazioni delle valli interessate dall’opera e senza riflettere sull’analisi riguardo l’installazione dei cogeneratori

a metano elaborata dall’Agenzia per l’Energia del Friuli Venezia Giulia (Ape).

Riteniamo doveroso che la l’Amministrazione regionale ripensi alla procedura adottata, ritirandola, e gli investitori rendano note le valutazioni relative al risparmio energetico prima ancora riguardo i ritorni di natura economica.

Va attuata nel suo complesso la Legge regionale 6 novembre 2020, n. 21, “Disciplina dell’assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a uso idroelettrico”, per raggiungere l’obiettivo della valorizzazione del patrimonio idrico regionale nell’ottica dello sviluppo sostenibile, garantendo alle comunità interessate dalle derivazioni, per lo più montane, le ingenti risorse previste dalla norma approvata.

Va perseguito il risparmio energetico attraverso attività integrate tra loro:

La formazione tecnico-professionale nel settore energetico è indispensabile per disporre di

competenze nella programmazione e gestione del settore e per ampliare gli spazi all’occupazione dei

giovani.

L’acqua che non c’è, che scarseggia, che viene dispersa. Questione strategica che impone un suo governo complessivo, dai monti, alla pianura e al mare

La gestione della risorsa acqua ha rappresentato una questione irrisolta in questi ultimi 5 anni.

Si sono generati ritardi infrastrutturali, appesantimenti burocratici e una pessima gestione delle risorse idriche e del pompaggio dell’acqua.

Serve un rigoroso piano di gestione cominciando dall’aggiornamento Piano Regionale Tutela delle Acque, approvato nel 2018, che definisca gli scenari per i prossimi 20 anni ed individui misure di adattamento ai cambiamenti climatici, in particolar modo per i settori che la utilizzano maggiormente quali l’agricoltura, la zootecnia e le industrie che impiegano grandi quantità d’acqua nel processo produttivo.

Sarà urgente metterci mano per salvaguardare la risorsa e limitarne gli sprechi, con essa prevedere il potenziamento della rete acquedottistica per limitare le perdite di acqua ed il corretto approvvigionamento dai pozzi artesiani, rimodulando le politiche regionali e la gestione dei Consorzi di bonifica.

È utile l’esperienza delle Assemblee Regionali d’ambito per il servizio idrico e di alcune Società di gestione al fine della migliore programmazione e realizzazione delle reti, e tra queste la sostituzione delle tubazioni in cemento-amianto.

  1. Riconoscere la questione ambientale come sistema di interdipendenze

La questione ambientale va assunta come interdipendente e non dissociabile dalle politiche economiche, sociali, sanitarie, di giustizia, uguaglianza, solidarietà, mutualismo e benessere, di garanzia dei diritti e delle libertà riconosciute dalla Costituzione ad ogni cittadino.

In questo senso, va superata definitivamente una visione ed un approccio della tutela ambientale come limite esterno, negativo e costoso della propria attività e responsabilità istituzionale.

Vanno pertanto utilizzati criteri ecologici nella definizione delle politiche economiche, energetiche, sociali e territoriali orientando, in primo luogo, la produzione legislativa e le azioni di pianificazione nella prospettiva ecosistemica di conversione in senso circolare dell’economia e della società, considerando le risorse energetiche e naturali e gli obiettivi di crescita e benessere entro il limite della complessiva capacità di carico dell’ecosistema e del tasso di rigenerazione delle risorse disponibili in Friuli Venezia Giulia.

Sarà ben riconoscibile nell’attività legislativa regionale il recepimento della riforma apportata all’art.9 “La Repubblica” riguardo la tutela, l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni, e dell’art. 41 “L’iniziativa economica privata” che non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale e recare danni alla salute e all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

L’intento sarà volto a predisporre programmi, ed i relativi controlli, affinché le attività economiche, pubbliche, private e cooperative, possano assumere valenze sociali e ambientali.

  1. Orgogliosi della Bellezza, della biodiversità e dell’autenticità dei nostri patrimoni

I nostri patrimoni e territorio sono belli: saranno sicuri ed accessibili.

La bellezza del nostro territorio deve essere un tratto identitario e di appartenenza alle nostre comunità, se lo

è per il cittadino lo sarà automaticamente anche per gli appassionati, i viaggiatori, turisti, accolti non più

come meri consumatori di prodotti turistici, ma come protagonisti di offerte innovative, esperienziali, ecosostenibili, culturali e di diretta conoscenza e comprensione dei luoghi e delle popolazioni.

Rappresenta un approccio in grado di produrre vantaggi economici e, quindi, di generare nuove risorse e opportunità lavorative locali, garantendo la protezione e integrità dell’ambiente e, in diretta imprescindibile relazione, la sostenibilità per le comunità ospitanti e il miglioramento del loro benessere.

Va messo in atto, dopo anni di inerzia, un:

Si tratta di due indirizzi generatori del mercato interno e di stimolo alla specializzazione produttiva delle imprese e filiere, ed occasione di benessere per le aree marginali e le Terre Alte.

Serve un programma attendibile per l’ampia Montagna friulana, per il Carso ed il Collio. I cambiamenti climatici (aumento delle temperature, poca neve e gelo, incendi boschivi) impongono una strategia, decisioni lungimiranti e azioni di prevenzione, in relazione con le aspettative delle comunità locali e attraverso coordinamenti nello spazio transfrontaliero.

Nel caso delle aree boscate soggette ad incendio, sono necessarie opere tagliafuoco e di salvaguardia centri abitati nonché la rinaturazione boschiva, dirimendo i vincoli derivanti dalla tipologia di area forestale (pubblica, privata) e promuovendo la sostenibilità integrata in termini agro-silvo-pastorali.

Il Tagliamento quale Patrimonio Mondiale naturale Unesco e questione fondamentale del Friuli Venezia Giulia. Oltre gli ennesimi studi di fattibilità, stipulare il “patto tra le comunità” riguardo la condivisione degli interventi e le attività di valorizzazione

I principali e peculiari fiumi e torrenti rappresentano valori autentici e motori dello sviluppo di qualità dei territori attraversati e del Friuli Venezia Giulia che richiedono il coinvolgimento delle comunità e l’attuazione dei ‘Contratti di Fiume’.

È necessario riflettere sull’esistente Commissione mista permanente per l’idroeconomia tra Italia e Slovenia, istituita con gli accordi di Osimo nel 1977 e designata quale organismo transfrontaliero

alla promozione della gestione internazionale del bacino idrografico. Si tratta di valutare gli esiti delle attività sin qui promosse e sugli impatti concretamente determinati.

Va perseguita la proposta di individuare in luogo della Commissione un soggetto istituzionale in

grado di elevare la qualità e l’efficacia della cooperazione ai fini della corretta salvaguardia e gestione ambientale delle acque transfrontaliere.

La tutela e promozione della Laguna di Grado e Marano vanno affrontate attraverso un programma integrato che metta a sistema i fattori idraulici, della pesca e del turismo con quelli industriali, considerato che su questo complesso e delicato ecosistema insiste un robusto compendio industriale (Aussa – Corno, Torviscosa) e un porto dalle potenzialità in espansione.

Consapevoli che il tema della perdita di biodiversità, così interconnessa al cambiamento climatico, sia

fondamentale per la salute umana, la sicurezza economica e alimentare, siamo impegnati a riportarlo al centro dell’attenzione.

Vanno rafforzati gli investimenti nella rete Natura 2000 e migliorate le sinergie con gli strumenti di finanziamento europei.

Sulla presenza dei grandi carnivori sulle nostre montagne e nelle aree vicine ai centri abitati, vanno implementate le azioni di mitigazione dei conflitti con le attività zootecniche, su cui sta lavorando l’Università di Udine, ed avviate attività di monitoraggio anche ai fini di precisare le migliori strategie sulla base di dati scientifici e di condividere le soluzioni con i portatori di interesse.

La Regione, pur dotata di Specialità, non ha tuttavia avuto il coraggio di tentare la strada della pianificazione territoriale e urbanistica che fosse autonoma e non derivata dallo Stato contraddistinta da una impostazione verticistica, gerarchica e a “cascata”.

Si intende perseguire, invece, un approccio urbanistico che parta dalle comunità locali e permetta di selezionare criteri e capitali territoriali cui riferirsi filtrando il senso dei luoghi e le proposte di trasformazione.

È maturo l’avvio di una pianificazione innovativa rilanciando la cultura del governo del paesaggio e delle risorse, elementi necessari e irrinunciabili per affermare identità e senso di apparenza, e pertanto i Comuni del Friuli Venezia Giulia saranno stimolati ad immaginare propri possibili futuri e ad adeguare gli strumenti di pianificazione e ad avviare politiche di area vasta che vaglino le intuizioni e le proposte che giungono dal ‘basso’ di salvaguardia e promozione integrata dei patrimoni .

Serve una nuova Legge urbanistica che designi le comunità locali a tutti gli effetti “comunità di progetto”, non l’ultimo anello di una catena incomprensibile di ordini, in grado di “pensare” e “fare” ipotesi e valutare i fattori che impatteranno sui nostri territori.

In Friuli Venezia Giulia sono presenti siti, utilizzati e dismessi, ancora inquinati su cui orienteremo massicci investimenti, dalla combinazione di risorse U.E., nazionale e regionali, in modo da garantire condizioni di sicurezza e disponibilità a loro completo utilizzo.

Il Friuli Venezia Giulia che produce creatività attraverso la cultura, che accende una luce sui luoghi della memoria e costruisce la pace, crea coesione sociale, radica conoscenze e diffonde saperi. 

Serve un grande progetto per integrare le risorse alle attività culturali ad un panorama totalmente nuovo, dove la cultura non sia solo la fruizione di eventi, bensì la chiave per la partecipazione alle sfide emergenti sulla sostenibilità, sulla giustizia sociale dove, ricomprendendo le risorse umane e tecniche presenti nelle comunità, si possa restituire un ecosistema culturale più ampio e profondo.

L’impegno è rivolto a destinare almeno il 2% del Bilancio regionale al settore.

La cultura in questa declinazione diventa strumento di trasformazione sociale, urbana, stimolando le energie e le capacità dei cittadini, delle organizzazioni e delle istituzioni. Un macroprogetto composto da tanti microprogrammi di intervento che inizino a rovesciare la passività della fruizione culturale, e da grandi progetti di rigenerazione sociale nelle aree di maggior fragilità.

Va rapidamente regolamentata la legge 23/2015 sui beni culturali lasciata “in sospeso” dall’Amministrazione Fedriga.

Il programma “Nova Gorica – Gorizia a Capitale Europea della Cultura per il 2025” rappresenta un’occasione di crescita consapevole per l’intera Regione.

Va effettuata una ricognizione delle potenzialità culturali, ricettive e organizzative e messa in atto una programmazione strutturata delle iniziative accelerando i tempi relativi all’acquisizione degli investimenti secondo il principio della “logica di risultato”. Vanno precisate le modalità di intervento e gli impatti che si intendono determinare, rifuggendo dalle dichiarazioni d’intenti.

In modo particolare, va definito immediatamente il quadro del progetto coinvolgendo realmente il territorio culturale, sociale ed economico, coerentemente con gli indirizzi del Bid Book e nella consapevolezza della potenzialità e dell’occasione unica rappresentata dal programma e della necessità di guidare un processo unitario mettendo a disposizione qualità e l’ambizione adeguata alle risorse oggi disponibili.

Va assicurato il rapido rilancio del ruolo dei Musei attraverso investimenti nuovi allestimenti, miglioramento dell’accessibilità, spinta all’innovazione alla digitalizzazione in funzione culturale e fattore di attrattività turistica, catalogazione. 

Intendiamo procedere alla costituzione delle reti museali tematiche ed ampliare gli spazi di ricerca riguardo la disciplina delle digital humanities, o informatica umanistica, considerato la possibilità di realizzare esperienze innovative ed emozionanti di installazioni museali attraverso l’utilizzo del digitale nei campi della storia, dell’etnografia, dell’archeologia, delle cineteche con l’archiviazione di foto e filmati. 

Lungo questa linea, si tratta di riprendere la formazione del personale, nominare i Direttori con competenze e qualifica specialistica.

Le imprese culturali e creative rappresentano una realtà consolidata che permettono lo sviluppo del territorio. con particolare attenzione all’accessibilità alle iniziative organizzate

Tale realtà va ulteriormente diffusa e radicata, attraverso il ripensamento della legislazione in vigore e più incisive politiche di sostegno e sviluppo all’imprenditorialità in questo settore che, in particolare, coinvolge giovani competenze di alta specializzazione.

Il territorio del Friuli Venezia Giulia è costituito da luoghi autentici capaci di attrarre e da patrimoni ambientali, storici ed artistici ben conservati e strutturati. La vita e l’evoluzione delle comunità e delle economie locali sono state contrassegnate fin dal medioevo dal lavoro e dalle attività produttive incardinate

sui mulini, battiferri, segherie e fornaci.

Una parte delle più antiche strutture sono tuttora esistenti e compongono il tessuto di archeologia industriale che va ricompreso nelle politiche di promozione turistica e di valorizzazione culturale.

Sport per tutti, sport in ogni luogo. Si tratta di favorire la partecipazione alle attività sportive le famiglie a redditi più bassi, investire sulla formazione degli operatori sportivi nella preparazione al coinvolgimento dei bambini e ragazzi con genitori stranieri, che per motivi economici e sociali rischiano l’emarginazione.

Vogliamo coniugare gli investimenti sulle manifestazioni sportive di base e di vertice, con lo sport come strumento di integrazione e veicolo della cultura del rispetto.

  1. 16.   Le Terre Alte generatrici di valore e la Montagna friulana quale polo regionale della sostenibilità e della rigenerazione

Poiché non ci vogliano rassegnare alle criticità, alla regressione demografica e all’indebolimento delle comunità locali, intendiamo operare attraverso sistemi anticipanti di innovazione sociale ed approcci che permettano di immaginare futuri, valorizzare le identità e le potenzialità della montagna friulana attraverso politiche integrate e territori dotati, in primo luogo, di servizi e di manifattura capaci di determinare di impatti per far rimanere le persone, per attrarre nuove famiglie e imprese, per far ritornare giovani e donne.

Un orientamento opposto alla mera individuazione di generici obiettivi e alla dispersione di ingenti risorse finanziarie dissociate dalla capacità di produzione di valore aggiunto, così come è stato finora.

Non solo le geografie, gli spazi e i luoghi rappresentano fattori su cui intervenire per ridurre le sperequazioni territoriali, di genere, economiche, sociali e, in più generale, il complesso delle disuguaglianze.

Se la montagna “frana”, in termini di spopolamento, fuga di giovani e donne che conducono al fallimento della vita nelle Terre Alte, opportunità economiche male e poco colte, biodiversità che si impoverisce e di fragile assetto idrogeologico, come in effetti sta avvenendo, lo stesso Friuli Venezia Giulia non trae vantaggio, si indebolisce anzitutto scaricando costi sulle altre comunità e territori.

Né si può pensare che la pianura guardi alla montagna per utilizzare biodiversità, acqua, legno, energia, crediti di carbonio, senza un una visione integrata della gestione delle risorse e un accordo “metromontano”, cioè un patto tra città-pianura- montagna, per assicurare continuità ai servizi ecosistemici.

Serve un nuovo modello istituzionale e governance che assegni grandi funzioni e compiti di natura regionale a città e territori e, quindi, alla montagna.

In coerenza con la nostra radicata idea della Regione federalista, siamo convinti che la Montagna friulana può e deve diventare il polo regionale della sostenibilità e della rigenerazione.

Alla montagna potrebbero venir assegnate responsabilità, quali:

  1. che non può essere ulteriormente procrastinata e va rapidamente approfondita riguardo i termini di costruzione dei servizi e delle soluzioni tecnologiche, la loro efficacia e gli aspetti economici e organizzativi, anche recuperando altre esperienze (Trento).           

Significa che le Comunità di Montagna (Carnia, Canal del Ferro e Valcanale; Gemonese, Destra Tagliamento e Dolomiti Friulane, Natisone e Torre), i 4 Gal (Maniago, Tolmezzo, Tarvisio, Tarcento) e i 2 Consorzi di Sviluppo Economico (Maniago, Amaro) rappresentano il primo nucleo di competenze da capitalizzare, accanto ad una revisione della tecnostruttura regionale da organizzare in coerenza con le macro-questioni individuat e all’inglobamento di contenitori come ‘Smart Mountain’. A questo sistema saranno associate le Università, i Centri di ricerca e Innovazione regionali.

I cittadini della montagna, al pari degli altri territori, soffrono della sanità che appare come una barca senza timone e rotta.

Affrontare i bisogni di salute dell’area montana, che sono diversi da quelli espressi in città e in pianura, significa partire dalle specifiche analisi riguardo le cause delle malattie che permettono risposte efficaci e puntuali. La buona salute individuale e collettiva è in ogni caso determinata non solo dall’elevata qualità ed efficacia dei servizi ospedalieri quanto dal positivo rapporto che si instaura all’interno della relazione “benessere dell’uomo – benessere degli animali – benessere dell’ambiente”. Su questo aspetto ci si deve impegnare ulteriormente.

L’organizzazione ospedaliera articolata sul modello ‘hub & spoke’ ha dimostrato in montagna di non funzionare considerato che non solo non si sono potenziate le strutture periferiche ma si è realizzata una combinazione negativa tra l’intasamento dell’Ospedale hub e il contemporaneo depauperamento dell’Ospedale spoke che ha ulteriormente aggravato l’erogazione delle cure e dei servizi alle persone.

Nel corso degli ultimi anni si sono indebolite la governance della sanità e la capacità di promuove servizi di welfare. Il nostro impegno è rivolto a realizzare una rete del benessere diffuso dell’area montana, che possono rappresentare vere e proprie antenne territoriali e irrobustire le attività di prevenzione. Parallelamente, attiveremo un modello organizzativo della sanità che si basi sulla partecipazione degli operatori, delle competenze e dei Comuni che permetta di immaginare soluzioni, co-progettare le diverse politiche sociosanitarie, di monitorare e valutare gli esiti di indirizzi e politiche. La condivisione delle informazioni, in entrata e uscita, e la collaborazione in fase operativa assicurano maggiore efficacia alle decisioni.

All’interno di questo contesto, anche in montagna il personale ha subito stress, carichi di lavoro e mancati riconoscimenti che ha determinato sia una fuga di risorse umane sia l’emergere di un profondo malessere. Vanno rapidamente ripensate le politiche di programmazione formativa, il sistema di reclutamento e rinnovata la fidelizzazione, ciò anche attraverso benefit per il disagio che si riscontra ad operare nelle strutture collocate nelle aree marginali.

Vi è l’intenzione di ripensare ad alcuni indirizzi del Pnrr, in particolare per riorientare una parte delle risorse  dalle strutture alla promozione e sviluppo delle competenze specifiche e profili professionali.

I Servizi sociosanitari e di welfare territoriale si rafforzano dalle relazioni reciproche con le imprese e operatori del terzo settore e, in questo senso, vanno attivati Laboratori permanenti tra i vari soggetti in modo da affrontare in modo integrato le questioni della salute e quelle eminentemente sociali. Si rende tuttavia necessaria una Legge regionale che si occupi in termini innovativi del terzo settore.

Politiche avanzate di welfare richiedono risorse per le reti di protezione per le famiglie e i lavoratori e per ampliare le opportunità a favore dei giovani, in particolare dei Neet e dei precari. Vale anche per le donne che vivono e lavorano in montagna potersi avvalere della conciliazione tra famiglia, lavoro e tempo libero e, per quante se ne sono andate, rappresentano una delle condizioni per il loro ritorno.

La regressione demografica determina effetti combinati: da un alto, l’esplodere della classe d’età + 65 anni, che in numerose realtà ha raggiunto il 30% della popolazione, che diffonde le cronicità ed i rischi di decadimento cognitivo, e dall’altro, rende disponibili un numero non marginale di compendi edilizi ed edifici che con difficoltà il mercato riesce ad assorbire.

Intendiamo perseguire l’idea di conciliare le comunità, cioè mantenere una relazione tra le persone e lo scambio di esperienze tra giovani e anziani, promuovere servizi assistenziali alla scala locale fino a realizzare soluzioni di cohousing connessi con il riutilizzo di terreni per le produzioni orticole, anche attraverso partenariati pubblico-privato e modelli di gestione innovativi recuperati dalle esperienze più avanzate maturate sul territorio nazionale. Tale soluzione potrebbe rappresenta una risposta in grado di incrociare le esigenze locali con quelle urbane, alimentate dai nuovi comportamenti delle persone anziane di città che potrebbero decidere di spostarsi in montagna.

Ci si deve porre l’obiettivo dell’estensione degli effetti e della produzione di beni ecosistemici. Pertanto, da un lato, vanno connesse le azioni previste per le Aree Interne di progetto, e quelle in corso come le Valli del Torre e Natisone, con i territori pedemontani e, dall’altro, vanno stabilite relazioni con le città e la pianura sull’utilizzo delle grandi risorse (acqua, legno, energia, crediti di carbonio) in modo si possano determinare spillo-over effects e gestire questioni complesse che altrimenti rischiamo di minare il sistema regionale.

Serve un dinamico e creativo utilizzo degli strumenti come il “Distretto del Commercio” e il “Psr” che mettono a disposizione risorse per il recupero e rigenerazione dei paesi di montagna e l’attivazione di nuove imprese finalizzate al rafforzamento delle economie locali e alla diffusione dell’attrattività non esclusivamente turistica. In particolare, il “Psr” deve sostenere le filiere corte e l’economia circolare puntando alla multifunzionalità delle imprese, all’integrazione fra sistema agro-silvo-pastorale e le attività turistiche sostenibili, la tutela della sentieristica.

I principali progetti-obiettivo che attueremo riguardano:

  1. si tratta immaginare ad una scuola montana nella sua complessità e nel suo sviluppo similmente al sistema di Charter School basato sui principi di una scuola integrata con il territorio e le sue risorse, sociali, culturali naturali, e a “a contratto”, gestita attraverso una programmazione pluriennale delle risorse;
  2. proprio la montagna va organizzata come una destinazione che, più di altre, può riuscire ad intercettare i nuovi trend (turismo culturale, archeologia industriale, cicloturismo,  turismo religioso) con viaggiatori, turisti ed appassionati sempre più giovani e digitali che si muovono in modo sostenibile attratti dall’autenticità, dalle mete poco conosciute, dalle possibilità di vivere esperienze in relazione con il paesaggio, l’arte e le produzioni.
  3. la costituzione della Società energetica regionale, l’attivazione delle Comunità Energetiche e dei sistemi di accumulo energetico sostenibili collettivi, al fine di permettere la gestione sostenibile dell’energia, il risparmio, l’equilibrio fra produzione e consumo, l’autosufficienza energetica; non servono grandi opere quanto la diffusione capillare di piccoli interventi e l’innovazione tecnologica;
  4. , sulla base della tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio forestale;
  5. e le gestioni comuni in fase di sperimentazione, recuperando le pratiche in corso in altri contesti e in Regione (Asfo Valle Erbezzo, progetto Net. Fo.).
  1. Una Regione giusta

Una Regione giusta, dei diritti e delle pari opportunità attraverso la gestione dei processi migratori, in particolare l’inclusione sociale e lavorativa dei migranti (anche avvalendosi della risoluzione del Parlamento europeo del 20 maggio 2021), dei “primi ingressi” e il ricongiungimento dei minori, la formazione di organismi per il rispetto dei diritti costituzionali (umani, uguaglianza, di genere)

È essenziale ripensare profondamente ai modelli di accoglienza e tendere alla chiusura del CPR di Gradisca d’Isonzo e della Caserma Cavarzerani di Udine.

È attorno all’accoglienza diffusa che germoglieranno i progetti di inclusione culturale, sociale e occupazionale.

Una Regione che riconosca che la migrazione legale di manodopera e che la progetti e gestisca poiché fonte di prosperità, innovazione e progresso.

L’istituzione regionale deve essere impegnata a rispettare, tutelare e realizzare i diritti umani di tutti i migranti, a prescindere dal loro status migratorio, promuovendo al contempo la sicurezza delle comunità.

Una Regione giusta, dei diritti e delle pari opportunità, che persegua l’obiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi degli stranieri nel territorio regionale, con particolare riguardo alle abitazioni e all’integrazione sociale, nel rispetto dei diritti della persona umana.

È fondamentale concorrere ad ostacolare il modello commerciale criminale dei trafficanti di esseri umani, a garantire che i lavoratori di paesi terzi siano trattati in conformità dei diritti fondamentali, migliorare l’accesso a condizioni di lavoro dignitose e promuovere l’integrazione a condizioni di parità tra uomini e donne.

La nostra Regione giusta favorirà in ogni momento, luogo, sia esso pubblico e privato, e mezzo di trasporto l’accessibilità delle persone con disabilità, non tollererà il bullismo nelle scuole e definirà provvedimenti contro l’omotransfobia. Favorirà, inoltre, la piena integrazione e la libertà di autodeterminazione delle persone difendendo ogni tipo di minoranza, disincentivandone il linguaggio dell’odio.

La Bellezza e ricchezza culturale si ritrovano nelle parlate. L’impegno è volto a promuovere il friulano, lo sloveno ed il tedesco, in coerenza con la legge 15 dicembre 1999, n.482 “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”, la legge regionale 16 novembre 2007, n.26 “Norme regionali per la tutela della minoranza linguistica slovena” e ad assicurare la piena attuazione della legge 23 febbraio 2001, n.38 “Norme a tutela della minoranza linguistica slovena”.

La valorizzazione delle lingue andrà di pari passo con l’adeguamento dei sistemi di comunicazione anche ai fini di ispirare la convivenza e la piena integrazione.

Affermare compiutamente questo profilo della Regione significa, infine, proporsi il contrasto al malaffare e alla criminalità organizzata e procedere al riutilizzo sociale dei beni confiscati.

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