14 Dicembre 2022

UE: sottrarre Balcani a influenza Russia e Cina

INTERVENTO DELLA SEN. ROJC IN DISCUSSIONE GENERALE SU COMUNICAZIONE MELONI IN VISTA CONSIGLIO EUROPEO

Intervento della senatrice Tatjana Rojc, capogruppo Pd in commissione Politiche europee, nell’aula di Palazzo Madama durante la discussione generale sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni, in vista del Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre a Bruxelles.

Presidente, Onorevoli Senatori, membri del Governo,

stiamo vivendo tempi difficili. L’Europa ebbe a ritrovare una coesione nell’affrontare la crisi sanitaria, le conseguenze sociali e economiche della pandemia, una coesione che trova la sua massima espressione nel programma Next Generation EU e dunque nel nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con il fine ultimo delle riforme e della modernizzazione dell’Italia in un raggio ampio, con una visione di un Paese proiettato verso il futuro. Mai avremmo potuto pensare che ci saremmo ritrovati, all’inizio di quest’anno, a parlare di guerra, delle sue conseguenze. Una guerra di aggressione che ferisce tutta l’Europa, senza eccezioni, e alla quale l’Europa si ritrova costretta a reagire, in dovere di prendere parte. Una ferita che segna profondamente anche la nostra quotidianità e di questo dobbiamo essere consapevoli. Ci sono alcuni aspetti sui quali vorrei soffermarmi e che noi del Partito democratico, Presidente, riteniamo importante Lei venga a ribadire al Consiglo europeo.

Ieri il Ministro della Difesa ha ricordato le tensioni nei Balcani. Alle quali, lo vorrei ricordare, abbiamo posto l’attenzione anche con una interrogazione a mia prima firma al Ministro degli Esteri poco più di un mese fa, dove ricordavamo la necessità per l’Italia in primis, ma per l’Europa tutta, di sostenere la stabilità politica dei Balcani da raggiungere anche attraverso un progressivo processo di avvicinamento dei singoli Paesi nella sfera europea. Gli accordi, firmati a Berlino tra Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Serbia e Montenegro rappresentavano un passo avanti positivo per la regione, in un momento in cui le relazioni tra Kosovo e Serbia continuavano ad essere tese.Da allora si registra però un costante e preoccupante forte deterioramento dei rapporti tra la Serbia e il Kosovo.

Il 1° gennaio 2023 la Repubblica di Croazia entrerà a far parte dello spazio Schengen e adotterà l’euro come moneta, l’opposizione dell’Austria ha rimandato analogo passo per la Romania e la Bulgaria. Dopo settimane di tensione per la questione delle targhe e le nomine ministeriali, per la vertenza aperta tra Serbia e Kosovo, un punto specifico delle conclusioni del summit di Tirana ribadisce la necessità di “progressi concreti verso un accordo globale giuridicamente vincolante” sulla normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi. A questo proposito vorrei anch’io ringraziare le nostre forze armate che operano nell’ambito della missione Kfor.

L’Unione Europea ha l’interesse di allargare i propri confini orientali: ragioni commerciali, energetiche e geostrategiche guidano alla costruzione di un più solido argine, con regole condivise, rispetto alle turbolenze dell’area aggravate dalla guerra all’Ucraina, cui non va disgiunta la questione immigrazione. Proprio in tema di immigrazione vorrei richiamare specificamente la rotta balcanica da cui oggi entra il numero maggiore di richiedenti asilo. Sono dell’avviso che l’interesse nazionale dell’Italia si difenda meglio evitando tensioni con gli altri Paesi europei, lavorando per creare consenso sulle nostre esigenze nazionali, essendo protagonisti nella costruzione delle politiche europee sulle migrazioni.

Ricordiamo, prima di tutto a noi, gli obblighi del soccorso in mare, rivalutiamo funzionalità e accettabilità dei grandi centri periferici dove stipare migliaia di persone. Auspichiamo dunque che il prossimo Consiglio Europeo si sforzi di trovare un’intesa avanzata su questo complicatissimo tema nell’interesse degli Stati membri, e che l’Italia porti il suo contributo al di fuori di una logica provocatoria e propagandistica. Va ricordato che l’Italia è stata antesignana nell’opera di collaborazione con i Paesi dei Balcani, con l’istituzione nel 1978 della comunità di lavoro Alpe-Adria e poi con l’Iniziativa Centro Europea che ha sede a Trieste. Il nostro Paese ha una tradizione di rapporti con quest’area, una consuetudine mai abbandonata soprattutto nelle Regioni dell’est italiano, che rappresenta anche una risorsa di credibilità cui attingere. La creazione di pace, sicurezza e prosperità a lungo termine impone all’Europa di allargarsi alle regioni circostanti, altrimenti le vulnerabilità non potranno che aumentare.

L’Unione Europea e in particolare l’Italia hanno il compito di rassicurare i Paesi candidati che il processo di adesione non si è fermato, e al tempo stesso sottrarre all’influenza economica della Russia quegli stessi Stati, ma anche Paesi dalla postura ambigua, come l’Ungheria, che ha tentato di bloccare il pacchetto di 18 miliardi stanziati dall’UE all’Ucraina per il 2023. Questo fa male alla coesione europea e si riflette negativamente anche sulla stabilità dei Balcani, dando spazio politico a chi la stabilità non la vuole. Aggiungo che non va trascurato nemmeno nei Balcani l’esercizio del soft power cinese, che ha punte di manifestazione eclatante nella realizzazione di grandi infrastrutture o nel caso del debito del Montenegro.

E vorrei alla fine fare un accenno a un problema al quale da sempre il Partito democratico dedica particolare attenzione, che è quello delle minoranze. A margine del Forum delle Nazioni unite appena conclusosi a Ginevra, Fernand de Varennes, relatore per le minoranze dell’ONU, ha concluso il suo intervento dicendo che nel mondo, anche in Europa, viene violata la dichiarazione per i Diritti umani, secondo la quale tutti gli uomini nascono liberi e hanno il diritto di avere pari dignità e pari diritti. Ricordiamoci che in Europa vivono circa 50 milioni di appartenenti a minoranze che non vengono adeguatamente tutelati, né considerati come un patrimonio culturale che arricchisce le singole realtà maggioritarie. E che in questo momento non solo agli ukraini in Russia viene impedito lo studio della lingua e della cultura ukraina, ma ciò viene impediti anche alla minoranza russa in alcuni Paesi. Negando di fatto un diritto che rientra tra i diritti fondamentali di ciascuno di noi. È giunto il momento di riflettere seriamente sulla Carta europea che ne tutela i diritti e applicarne i principi in Italia e in Europa.

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