9 Maggio 2008

Ricomincia il cammino…





RELAZIONE ASSEMBLEA PROVINCIALE 06/05/2008

ANALISI DEL VOTO

Care amiche, Cari amici,

la doppia sconfitta alle elezioni politiche e alle regionali ha lasciato un segno profondo di inquietudine nel corpo del nostro partito.

Veniamo da una fase di difficile costruzione del nuovo soggetto politico, anni di lavoro che si sono concretizzati nell’ottobre del 2007 con le primarie, con le quali abbiamo, di fatto, sciolto i vecchi soggetti di riferimento e dato vita al Partito Democratico.

E’ stato un lavoro lungo, faticoso, ma allo stesso tempo entusiasmante, la cui importanza, a prescindere dalla sconfitta, si è manifestata nella capacità attrattiva che il PD ha saputo sviluppare nella società.

Naturalmente, resta molto lavoro da fare; non dimentichiamo però, che la crisi di Governo ci ha sorpresi proprio mentre stavamo accompagnando il partito verso il consolidamento e la scelta di accorpare le politiche alle regionali, oltre ad essersi dimostrata una scelta sbagliata, ci ha costretti ad uno sforzo politico-organizzativo a cui, forse, non eravamo ancora preparati.

Per questo motivo, oggi la ns. priorità deve essere legata alla chiusura della fase di insediamento del nuovo soggetto e allo stesso tempo, al dovere che ognuno di noi ha di promuovere sui territori la crescita dei tanti nuovi dirigenti che il PD ha saputo avvicinare e responsabilizzare.

A partire dai Segretari di Circolo, molti dei quali giovani e nuovi a questo tipo di esperienza.

Credo che questo sia un grande patrimonio da difendere e coltivare.

Approfitto dell’occasione per ringraziare pubblicamente tutti i ns. Segretari di Circolo per il lavoro svolto in condizioni di oggettiva difficoltà;

è anche grazie al loro impegno se oggi possiamo dire che in questa provincia il PD è nato con lo spirito giusto e con livelli di consenso importanti, largamente maggioritari rispetto agli altri territori regionali.

Infatti, il partito ha ampiamente dimostrato in questa tornata elettorale quale può essere il suo potenziale;

naturalmente, visti i risultati, possiamo dire che non è riuscito ad esprimerlo appieno, ma se la lettura della sconfitta non si limita ad un’analisi superficiale degli eventi, ci accorgeremo che la sfida per noi è appena cominciata.

Del resto, non potevamo pensare che dopo due anni passati troppo a litigare e poco a valorizzare le cose fatte non si pagasse pegno nel Paese; la gente chiede stabilità, semplificazione, decisione.

Nessuno tollerava più le discussioni infinite nei Consigli dei Ministri dove ognuno diceva tutto e il contrario di tutto;

né tantomeno la routine per la quale subito dopo l’assunzione di una decisione nelle sedi deputate, scattava immediatamente la contestazione all’interno della coalizione.



Così non si governa un Paese, lo si sfibra ed i risultati non potevano che essere negativi;

questo vale innanzitutto per chi ha la responsabilità di guidare la nave, cioè noi, il PD.

La democrazia è discussione, condivisione, ricerca di larghe convergenze, ma alla fine è decisione; senza decisione la democrazia non è; ed è chiaro che questo onere spetta a chi governa.

Sui dati elettorali, se andiamo ad analizzarli, balza all’occhio come la geografia politica non sia granchè cambiata rispetto a 2 anni fa.

L’insediamento politico-elettorale del centrodestra continua ad essere localizzato nel Nord e nel Sud del Paese, mentre il Centro continua a rimanere, in larga parte, vicino al centrosinistra.

Ho già detto sulla litigiosità della vecchia alleanza, ma è evidente che le ragioni della sconfitta non sono imputabili solo a questo; ce ne sono molte altre.

Ne cito 2 per brevità di analisi che mi sembrano particolarmente importanti.

In primo luogo, all’intreccio pericoloso tra le politiche in materia di immigrazione ed il percepito dei cittadini sul tema sicurezza;

questo è un nodo che noi non possiamo eludere e dalla cui soluzione dipende una parte della ns. credibilità.

Senza risposte chiare e convincenti in questo campo, faticheremo a sintonizzarci con le aspettative di una parte importante di cittadini.

Va fatto uno sforzo serio per intercettare le inquietudini e le insicurezze sociali, alcune delle quali anche ingiustificate se volete, che pervadono nelle viscere la nostra società.

Nel Paese sta venendo meno il senso di appartenenza alla comunità, i crescenti flussi migratori stanno indebolendo le identità individuali e collettive ed il rischio di sottovalutare questi sintomi ci può portare ad una crisi di rigetto che rischia di spostare il Paese a destra per molti anni.

Naturalmente, le risposte a queste inquietudini non possono essere quelle della Lega;

a maggior ragione, quindi, assume caratteri d’urgenza su questo tema un approfondimento nell’elaborazione politica e culturale che ci permetta di rassicurare i cittadini.

E questo si può fare mettendo in campo nuove proposte, spiegando loro che affidarsi a noi significa consegnare il governo del Paese a chi promuove a tutto campo l’integrazione sociale degli immigrati regolari, essenziali alla crescita del nostro sistema economico, ma anche a chi, allo stesso tempo, governa i flussi migratori ed è inflessibile con chi delinque e si macchia di gravi crimini.

Va anche ricordato, ad onor di verità, che per rendere efficaci queste politiche, tutto ciò dovrà essere accompagnato da una profonda riforma del sistema giudiziario, che poggi la propria architrave sulla certezza della pena e garantisca tempi ragionevoli nella celebrazione dei processi.

Il cittadino ha diritto di rivolgersi ad una macchina amministrativo-burocratica capace di dare risposte tempestive ed all’altezza delle complessità della società moderna.


Questa riflessione poi, è strettamente connessa, ed è la seconda ragione, alle grandi trasformazioni a cui è sottoposto il ns. sistema produttivo ed il mondo del lavoro, innanzitutto nel comparto manifatturiero;

la concorrenza spietata che le ns.imprese stanno subendo sui mercati internazionali ha alimentato e dato credito alle risposte demagogiche ed antieuropee della destra.

Anche qui occorre fare di più, dobbiamo chiederci come possiamo interloquire con il mondo delle piccole imprese che rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana;

perché in Veneto ed in Lombardia larga parte della popolazione non prende nemmeno in considerazione la possibilità di votare per noi,

perché questi processi profondi che stanno attraversando tutte le democrazie europee siano meglio interpretati dal blocco conservatore.

Lo strumento per rispondere a questa sfida oggi però c’è e si chiama PD.

Del resto, è evidente anche in questa tornata elettorale un chiaro scongelamento dei blocchi politico-sociali del ventesimo secolo;

la nostra affermazione a Vicenza, a Sondrio ed in molti Comuni del Nord, la vittoria del centrodestra a Roma ne sono un esempio chiaro;

la sconfitta pesante che noi subiamo a Brescia, città da sempre molto legata ai valori del riformismo cattolico-popolare, ne è una conferma.

Naturalmente questi sono solo esempi, ma credo rendano bene l’idea delle grandi novità che stanno interessando il sistema politico.

Il vero limite che si è evidenziato anche in questo passaggio elettorale è la ns. incapacità di aggredire il consenso del blocco conservatore;

continuiamo a fare fatica a parlare a quel pezzo di società;

ma dobbiamo sapere che la vera sfida fra noi e il centrodestra sarà sempre più caratterizzata proprio dalla capacità di saper comunicare con quella parte di elettorato più mobile e meno ideologizzato, che è in costante aumento, disposto a riconoscere la propria fiducia a chi in quel momento riesce ad essere più convincente e dimostra di avere le ricette migliori per corrispondere ai bisogni dei cittadini.

La verità è che quando una parte del voto si delinea più come un voto di protesta che di proposta, il loro vantaggio rimane consistente; ad esempio, alle politiche la Lega ha capitalizzato questa condizione a tutto svantaggio della Sinistra Arcobaleno, i cui voti, in larga parte, sono finiti in quel bacino.

Ora, per quanto ci riguarda, si tratta di ripartire dal 33,7% che il PD ha raccolto nel Paese;

non dimentichiamo che, pur vincendo le elezioni, la somma di DS e MARGHERITA nel 2006 al Senato era pari al 27% e che l’allora ULIVO alla Camera non fu in grado di superare il 30% dei consensi.

Inoltre, in Europa, dove i due blocchi politici si costituiscono già da tempo nella competition tra due grandi partiti, chi perde si attesta su quote di consenso simili a quelle raggiunte dal PD;


sta a noi quindi fare l’ultimo passo, far crescere il partito e creare finalmente una nuova cultura politica dove le vecchie appartenenze possano fungere da stimolo e non da freno al suo consolidamento.






Un capitolo a parte lo merita l’analisi del voto regionale;

è evidente che il risultato negativo di questa sfida rappresenta per noi e per tutta Intesa Democratica la sconfitta più difficile da accettare e da metabolizzare.

Abbiamo assicurato al FVG cinque anni di sviluppo economico e di attenzione per i più deboli, ma ciò non è bastato per vederci riconfermata la fiducia degli elettori.

Anche qui provo a dare un piccolo contributo;

si è parlato molto dell’election day.

Personalmente credo che dare la colpa della sconfitta esclusivamente a questa decisione sia fuorviante;

ma, allo stesso tempo, dobbiamo riconoscere che è stata una scelta sbagliata.

E’ evidente che l’aver confuso il voto politico con quello regionale e l’aver alimentato il voto ideologico, piuttosto che un giudizio sereno sui cinque anni dell’amministrazione Illy, ci ha fortemente penalizzati.

Intesa democratica doveva essere giudicata sulla base dei risultati raggiunti dal governo regionale e non sulla scia del Governo dell’Unione;

ora si tratta di capire perché una valutazione così importante e delicata sia stata assunta in totale solitudine da Illy.

Intendiamoci, nessuno vuole lavarsi la coscienza addossando tutta le responsabilità della sconfitta al Presidente uscente;

sono, infatti, assolutamente convinto che come la vittoria del 2003 non fu solo merito di Illy, le responsabilità della sconfitta oggi siano da ripartire tra tutti gli attori.

Ma il vero problema, che abbiamo forse sottovalutato in questi cinque anni di governo affidandoci troppo spesso agli umori del leader, è che le scelte politiche più importanti in una coalizione si fanno assieme ed è purtroppo noto, come su questo punto non si sia svolto un grande dibattito.

Oltre a questo, evidentemente, sono emersi anche limiti politici della coalizione e del candidato;

analizzando i dati si manifesta un evidente appannamento della figura di Illy, in tutte e quattro le province.

Lasciando per un attimo da parte i risultati pesantissimi di Pordenone e negativi di Udine, balza all’occhio il pareggio di Trieste e la vittoria non entusiasmante di Gorizia;

territori, questi ultimi, nei quali nel 2003 l’ex Presidente si era affermato con percentuali che si attestavano attorno al 60%.


Nella ns. provincia, ad esempio, in termini percentuali il centrosinistra raccoglie maggiori consensi del candidato Presidente (54,5%–52%), realizzando una condizione che la scorsa volta era esattamente rovesciata; questo ci deve sicuramente indurre a riflettere.

Sulla percezione dell’elettorato nei confronti del ns. candidato credo abbia pesato un certo arroccamento di alcune posizioni politiche, un atteggiamento di autosufficienza ostentato eccessivamente e, credo, anche la scelta, fatta nell’ultimo scorcio di legislatura, di privilegiare la valorizzazione dei diritti collettivi a tutto sfavore di quelli individuali; la Legge sul friulano, infatti, testimonia proprio questo.

Certo, non tutto è negativo; se pensiamo al risultato delle politiche in FVG e lo confrontiamo al distacco subito alle regionali si può in parte sorridere, ma è chiaro che l’amarezza per la sconfitta fa passare questi dati in secondo piano.

Il –17% delle politiche, infatti, si trasforma nel –7% delle regionali;

lasciandoci almeno la speranza che questa Regione possa essere nuovamente conquistata dal centrosinistra la prossima volta.

In questo contesto, anche il risultato del PD regionale, che si attesta sul 30% dei consensi, può essere definito incoraggiante e una buona base di partenza.

Infatti, pur essendo il FVG una Regione del Nord-Est più profondo, siamo lontani dai distacchi abissali che la ns. coalizione subisce in Regioni come Veneto e Lombardia, dove vedere il bicchiere mezzo pieno risulta molto più difficile.

Ora però, si tratta di assumere la piena consapevolezza che una pagina politica si chiude definitivamente.

Si è già aperto uno scenario completamente nuovo che starà a noi interpretare nel modo più corretto.

Mi riferisco alla conclusione, spero definitiva, di un lungo periodo nel quale, per

ragioni di opportunità politica e di insufficiente insediamento elettorale, eravamo soliti affidarci agli “uomini della provvidenza”.

In sostanza, si chiude la stagione nella quale delegavamo ad altri un ruolo che invece il PD, da oggi, si deve candidare a sviluppare direttamente;

cioè la rappresentanza diretta di quella parte dell’elettorato che fino a ieri ci guardava con diffidenza e magari ci accordava il suo sostegno solo sulla base di una specie di garanzia che il candidato di turno svolgeva nei ns. confronti.

Credo che quel periodo sia ormai alle ns. spalle; la fase della supplenza alla politica dobbiamo considerarla definitivamente conclusa.

Sta a noi, quindi, appropriarci fino in fondo di quel ruolo, allargando l’area di radicamento sociale del nostro partito e parlando direttamente a quella fascia di cittadini.

Deve essere chiaro, che se noi non saremo in grado di compiere questo salto di qualità, significherà l’aver abdicato al ns. ruolo e il non aver corrisposto alla ragione principale per cui abbiamo dato vita al PD.

In soldoni, questo vuol dire che fra cinque anni il candidato alla presidenza del FVG sarà un ns. dirigente e non l’ennesimo salvatore della patria a cui ci aggrapperemo per nascondere i ns. limiti.


Permettetemi, in conclusione, di rivendicare con orgoglio il lavoro fatto assieme a tutti voi in provincia di Gorizia.

Il 39% delle politiche (Camera e Senato) ed il 35,5% delle regionali sono un dato da cui ripartire con la giusta serenità.

Tenendo nel giusto conto, però, un elemento essenziale, che in questa consultazione si è manifestato con grande chiarezza.

Come ho cercato di spiegare prima, la deideologizzazione del voto ha scongelato i blocchi politici;

per questa ragione nessun passaggio elettorale può essere mai sottovalutato, nemmeno quello che sembra più alla portata (Bologna insegna).

Per questo dobbiamo essere pienamente consapevoli che la fiducia dei cittadini si conquista volta per volta e quindi, anche in una provincia come la ns., dove il radicamento del centrosinistra è sempre stato maggioritario, nulla è più scontato;

a maggior ragione nelle tornate amministrative, dove il voto sui candidati, le professionalità ed il grado di affidabilità spesso fanno la differenza.

Guardate quello che è successo a Roma, dove al ballottaggio nello stesso momento i cittadini hanno votato per Zingaretti (PD) Presidente della Provincia e per Alemanno (PDL) Sindaco di Roma.

Ci siamo chiesti, com’è possibile?

Sarebbe sbagliato e semplicistico dire è responsabilità di Rutelli;

anche a Roma l’analisi va fatta fino in fondo.

Forse il problema è che quando si proclama la volontà di cambiare la classe dirigente e poi nella realtà si candidano gli stessi uomini alla stessa carica a distanza di quasi dieci anni, si rischia di non essere credibili

Per cui se sapremo fare tesoro anche degli errori commessi e lavoreremo con impegno, sono convinto che i risultati arriveranno.

Non dimentichiamo, poi, che nel 2009 si voterà per le elezioni europee e per una tornata amministrativa di particolare rilevanza;

Comuni importanti andranno al rinnovo delle Amministrazioni comunali, da Gradisca d’Isonzo a Staranzano, per arrivare a Fogliano-Redipuglia, Doberdò, Savogna, San Floriano, Turriaco e molti dei piccoli paesi della Destra Isonzo.

Lì misureremo la funzione di perno dell’alleanza di centrosinistra che il PD dovrà, ovviamente, svolgere sul ns. territorio;

l’obiettivo è proseguire nell’innovazione, continuare ad essere il punto di riferimento del ns. popolo, fare politica con trasparenza, anche nei metodi di selezione dei candidati, e, infine, costruire un partito aperto, nel quale chi vuole portare un contributo sia legittimato a farlo e possa trovare le porte spalancate.

Per tutte queste ragioni, pur rispettando l’autonomia dei Circoli, dovremo cercare forme innovative di relazione con i ns. elettori, a partire dalle Primarie, che rimangono un grande fatto di democrazia e lo strumento più efficace attorno al quale costruire alleanze larghe di centrosinistra.



Su questo punto la mia personale opinione è che rimanga centrale la necessità nei territori e, dove le condizioni politiche lo consentono, di costruire alleanze di centrosinistra che includano anche la Sinistra Arcobaleno, con cui ancora oggi governiamo bene la maggior parte dei Comuni di questa provincia.

Per il resto dobbiamo ripartire dal territorio, tornare a fare politica in mezzo alle persone e nei luoghi di lavoro;

su tutto questo l’Esecutivo provinciale sta già lavorando e darà il proprio contributo.

Ci ripromettiamo quindi, in tempi brevi, di chiudere definitivamente il capitolo sull’assetto del partito.

Gruppi di lavoro, luoghi in cui interfacciare i tanti amministratori che produciamo sul territorio, il coinvolgimento della Direzione provinciale nell’approfondimento e nell’elaborazione politica;

questi sono gli elementi da cui ripartire, consapevoli che il progetto politico era e resta valido.

Ora sta a noi dargli prospettiva.



OMAR GRECO

















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