15 Luglio 2008

«Sicurezza, la repressione non basta»

Immigrazione e sicurezza, due temi sui quali l’impegno di un cristiano in politica rischia di provocare tensioni sia con i colleghi amministratori, sia con la gente. A testimoniarlo Loris Pasut, esponente del Partito democratico: «Non è raro – afferma – sentirsi accusare di ingenuo buonismo e cioè di una bontà che non si misura con i problemi reali vissuti dalla gente, che si illude di appianare i problemi con buone parole e buoni sentimenti, ma in realtà li lascia irrisolti. Se è vero che essere cristiani non significa trascurare le esigenze della giustizia, anche nei suoi aspetti repressivi, ritengo che la repressione, per quanto doverosa, da sola non risolverà, soprattutto nei tempi medio-lunghi, i problemi che una società oramai multietnica e multiculturale quale è la nostra pone». Più opportuno «affiancare azioni, provvedimenti e mezzi che siano ispirati al principio enunciato da Gesù Cristo: “Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te; fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”. L’uso della forza, inevitabile e doveroso in certe circostanze, non è il mezzo più potente ed efficace. Una politica ispirata da un’etica della libertà, dell’uguaglianza e della fraternità per tutti, indistintamente, si rivelerà più forte dell’uso della sola forza».Per Pasut «questo non significa abbassare il livello di guardia e tanto meno cadere nel qualunquismo. Significa non fermarsi a quello che a me pare un primo stadio, incompleto e a lungo non risolutivo, che è il ricorso alla sola forza. Risulterebbe più agevole rincorrere gli egoismi e le paure che pervadono la nostra società per un facile consenso, magari per qualche voto in più».Così come, sul tema delle difficoltà familiari e dei salari bassi, «l’impegno politico per una più equa redistribuzione delle risorse nazionali e una più rigorosa lotta contro ogni forma di evasione, speculazione e parassitismo è doveroso. Ma questo da solo non basta: c’è bisogno di diffondere una cultura della responsabilità e della solidarietà, della comunicazione positiva e della vicinanza fraterna, dell’inclusione senza la quale non riusciremo a far fronte agli orizzonti non chiari che si vanno delineando. Sono temi che mi pongono problemi di coscienza: come cristiano, sono portato, nonostante incomprensioni e delusioni, a continuare, a non fermarmi, a impegnarmi lungo una strada indubbiamente in salita ma che mi pare la più giusta, la più vera e, in fin dei conti, la più utile perché la più efficace. Mettere insieme gli insegnamenti ed esortazioni del Vangelo con i problemi che in politica si incontrano ogni giorno è un modo di essere cristiani, spero il più coerente».
Messaggero Veneto – PORDENONE
15 luglio 2008
In primo piano