22 Luglio 2008

Fassino alla Festa del Pd di Tavagnacco – da il Messaggero Veneto

di TOMMASO CERNO

TAVAGNACCO.
«Il Nord-est non è di Berlusconi: il Pd può conquistare la fiducia di questi cittadini e tornare a vincere anche qui, dove Illy è stato sconfitto anche per avere scelto di votare insieme con le politiche nazionali». E’ la sfida che Piero Fassino lancia dal palco della festa del Partito democratico di Tavagnacco durante la lunga intervista pubblica con il direttore del Messaggero Veneto, Andrea Filippi, di fronte a una platea gremita, tanto da ricordare i vecchi tempi delle feste dell’Unità. Una sfida che il ministro ombra del Pd intende vincere partendo proprio dal Friuli Venezia Giulia, simbolo – dice – di come «al Nord il centro-sinistra abbia saputo dialogare con la gente, come adesso dobbiamo tornare a fare. Se Illy ha perso – prosegue – anche se non ne avremo mai la prova, è perchè si è deciso di accorpare le elezioni e così anche questa giunta, che ha governato bene, è stata trascinata sotto».
La nuova guerra di Piero spazia dalla giustizia all’economia, dalla sburocratizzazione al federalismo, dal caso Del Turco alle intercettazioni. E sarà combattuta – assicura l’ex segretario della Quercia – al fianco di Walter Veltroni, «per consolidare la costruzione del Pd dopo la sconfitta elettorale – dice Fassino – che ha però cambiato il volto del Paese e della democrazia, cancellando dal parlamento 33 partiti su 39».
Dall’opposizione, Fassino promette guerra al governo durante quello che si annuncia come un autunno caldo. In un’Italia che non cammina più, dove la stima dell’inflazione calcolata dal governo all’1,7% deve fare i conti con un grido d’allarme che la vuole al 4%, Fassino chiede agli alleati – Di Pietro in testa – opposizione dura, ma toni civili. «A piazza Navona – aggiunge – vanno distinti palco e platea. In piazza c’era gente del Pd, sul palco i toni della Guzzanti non ci hanno portato un voto di chi il 13 aprile ha scelto Berlusconi. Per questo dico che con Di Pietro l’alleanza vive. Ma se vuole fare opposizione con i toni di piazza Navona le nostre strade saranno diverse».
Dialogo finito con il governo, dunque. Ma non per colpa del Pd, assicura Fassino. I toni di Bossi sono solo l’ultima goccia, i problemi stanno a Palazzo Chigi: «Il dialogo sulle riforme istituzionali e costituzionali è auspicabile, ma se il clima costruttivo è evaporato non è per colpa nostra – spiega il ministro ombra –. Berlusconi ha cominciato male, proponendo il decreto su Rete 4 e ha continuato con l’offensiva insensata contro i magistrati. Ora la maggioranza deve cambiare tono e registro se vuole tornare al dialogo», aggiunge lanciando una critica anche alla stampa italiana, in particolare a chi – dice ancora – prima chiede dialogo poi, di fronte a questi atteggiamenti – fa finta di nulla.
Sull’ipotesi di un dialogo maggiore all’opposizione, nell’ottica di una futura alleanza di governo, Fassino chiude alle forze della sinistra radicale «che non hanno cultura di governo e scelgono l’opposizione per l’opposizione» e apre invece all’Udc di Pierferdinando Casini: «Con l’Udc siamo interessati a verificare una convergenza sia per lavorare insieme all’opposizione sia, in prospettiva, per creare una alleanza che governi il Paese». E se contro il premier e la «giustizia che non si occupa dei problemi dei cittadini, ma di quelli di un solo cittadini», Fassino va giù duro – ricordando le proposte di riforma del Pd già depositate alla Camera – l’ex leader diessino non ritiene che l’arresto di Ottaviano Del Turco in Abruzzo apra invece una questione morale nel Pd. «Ci sono episodi – dice – su cui la magistratura è giusto che indaghi. I magistrati accertino quello che c’è da accertare, ma lo facciano rapidamente. Sbaglia la politica quando cerca di condizionare la giustizia – ha aggiunto Fassino – e sbaglia la giustizia quando tende a invadere il campo della politica».
Oltre un’ora e mezza di dialogo con Filippi e con la platea, a tratti anche acceso, con la voglia di un Pd «che parta dalle cifre che ha conquistato – dice Fassino –, quel 33% che significa che un italiano su tre ha scelto noi». Ma con un’attenzione particolare al Nord-est e al Friuli Venezia Giulia, «dove i temi della sicurezza e del rilancio economico – ammette l’ex leader Ds – sono più sentito e dove il nostro messaggio non è state capace di parlare la stessa lingua della gente». La scommessa è riuscirci adesso: «Abbiamo vinto e governato in tante città e regioni del Nord – conclude –. Il Nord è la società più produttiva del Paese, più moderna, più internazionale e quindi quella che chiede risposte più chiare e veloci. Anche nel caso del Friuli Vg io credo e ricordo che la giunta Illy e il centro-sinistra hanno governato bene. Forse unificare le elezioni, in un momento di scontro così aspro, è stato un errore. Ma ciò che è stato fatto qui dimostra che possiamo vincere ancora e parlare la lingua del Nord-est».
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