24 Ottobre 2009

Lettera aperta su Sanaa e sulle politiche sull’immigrazione

Ho letto le dichiarazioni dell’Imam Ouatiq, che ritengo rappresentative del pensiero della comunità islamica della nostra provincia: “Condanno duramente quest’atto che è nato nell’ignoranza. L’Islam non ha nulla a che fare con l’omicidio”.

Io prendo atto e apprezzo questa presa di posizione, che trovo chiara, netta e inequivocabile.

Per questo, desidero esprimere il mio profondo disaccordo come cittadino e come consigliere provinciale, relativamente alla tua dichiarazione apparsa sui giornali e pubblicata anche sul sito della Provincia, con cui chiedi le scuse dell’Imam – capo della comunità islamica.

Credo che tu debba convenire che un reato vada imputato alla o alle persone che l’hanno commesso o favorito, ma non possa essere addebitato a una intera comunità, soprattutto nel momento in cui il suo massimo rappresentante esprime chiaramente la sua posizione.

Poi soprattutto mi preoccupa l’ispirazione che intravedo dietro le tue affermazioni.

Un bieco uso strumentale di tragedie individuali allo scopo di affermare con sempre maggiore forza l’identificazione – tanto cara ai tuoi alleati della Lega – tra l’esigenza di sicurezza e la questione dell’immigrazione, basata sul presupposto che un immigrato è un potenziale pericolo per la sicurezza e l’identità nazionale.

Nel pordenonese ci sono migliaia di residenti immigrati, molti dei quali già cittadini italiani, che vivono, lavorano, spendono, pagano le tasse: ognuno di loro ha una sua storia, una sua cultura, una sua attitudine ad essere più o meno influenzato dalla nostra cultura e dai nostri comportamenti.

Perciò noi dobbiamo spingere con forza e flessibilità verso il processo di inserimento e di integrazione, che si basa certamente, e su questo siamo tutti d’accordo, sul rispetto, da parte di chi viene nel nostro Paese, delle leggi dello Stato, dei valori costituzionali fondamentali e dei nostri modi di vita e dei nostri costumi

In questo senso ogni violazione della legge va perseguita. Gli immigrati delinquenti vanno trattati come gli italiani delinquenti. E vanno spezzate anche le forme di condizionamento e di limitazione della libertà individuale da parte di gruppi o clan famigliari, che hanno certamente avuto una negativa influenza sulla mente assassina del padre di Sanaa.

Da questo punto di vista concordo sull’idea di istituire un numero verde provinciale per le persone immigrate che denunciano situazioni di sfruttamento o di impedimento della libertà.

Ma perchè questo sforzo abbia successo, dobbiamo costruire un dialogo continuo con le comunità di immigrati e dobbiamo riconoscere valore e dignità alle loro culture di provenienza, delle quali dobbiamo tener conto per accompagnarle in un percorso di convivenza e integrazione.

È di questi giorni anche la presentazione da parte della Giunta Provinciale delle “Linee guida per un’integrazione responsabile degli immigrati regolari”, nella cui sintesi di presentazione c’è scritto: “Stop all’idea di mediare tra la cultura dell’immigrato e la nostra. Dobbiamo invece facilitare l’integrazione degli stranieri nella nostra cultura e nelle nostre regole”

È condiviso da molti il fatto che la nostra Provincia e il Comune capoluogo siano riusciti in questi anni a gestire un flusso migratorio tra i più intensi d’Italia, senza grandi disagi e contrasti sociali, anche grazie all’opera di sostegno e allo spirito di accoglienza da parte di istituzioni, di associazioni, di mediatori culturali.

Ma davvero pensate, come espresso nelle Linee Guida, che imporre da subito ai migranti l’accettazione integrale dei nostri stili di vita, senza alcuno spazio di mediazione, così comunicando loro il nostro disprezzo per la loro cultura di origine, sia un mezzo per cogliere questi obiettivi e assicurare maggiori livelli di sicurezza ai cittadini?

I nostri concittadini hanno diritto alla sicurezza e a pretendere che, nella convivenza con i migranti, siano rispettati prima di tutto le regole fondamentali: dalla vita in condominio all’esercizio delle attività commerciali, al decoro nelle strade e nelle piazze.

Pensate che questo sia possibile, con un atteggiamento perentorio e aggressivo, che mostra disprezzo e sospetto verso le loro culture di origine?

Fino a questo punto, caro Presidente, assieme ai colleghi del PDL e dell’UDC, siete in ostaggio di quella Lega, che, al suono dell’inno nazionale italiano all’inizio del Consiglio Provinciale, abbandona l’aula? Sono questi i vostri riferimenti per la difesa dell’identità nazionale?

Da un lato mi consola che, dopo tutto, la ragionevolezza alberga anche nella Giunta provinciale, perché alcune iniziative nel senso dell’integrazione vengono pure adottate, nonostante il folklore politico del “no agli immigrati”.

Dall’altro mi preoccupano il tono e l’ispirazione che animano soprattutto le dichiarazioni e le prese di posizione degli esponenti della Giunta e della maggioranza, che, in questa fase di crisi economica, mi sembrano molto finalizzate, con uso strumentale, ad indicare ai cittadini un nemico con cui prendersela: una tattica, questa, tipica dei regimi autoritari e antidemocratici.

Con sincero spirito di collaborazione

Michele Padovese

Consigliere Provinciale del Partito Democratico

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