17 Febbraio 2010

Menis: la protezione (in)civile, come il governo delle emergenze distrugge un Paese

Se una volta l’emergenza era associata alla sofferenza di tanti, ora è più che altro collegata ai privilegi di pochi. Perché se c’è un’emergenza tutto è lecito, non serve rispettare le regole e i controlli diventano solo un inutile intralcio all’urgenza di agire. Serve libertà totale. Su tutto.
Si possono tralasciare le leggi sulla trasparenza, i requisiti dei contratti, le norme sulla concorrenza, sugli appalti, sulla pubblicazione dei bandi, sugli avvisi, sugli inviti. Si prescinde dalle verifiche archeologiche e dal rispetto delle varianti; non si rispettano termini, criteri sulla selezione delle offerte e adeguamento dei prezzi. Nessuna regola significa soprattutto nessuna responsabilità. Nessun controllo si traduce in nessuna trasparenza e nell’impossibilità di sindacare la discrezionalità delle scelte.
E qui il discorso si potrebbe allargare, perché non è solo di protezione civile che bisogna preoccuparsi. L’ultima vicenda è solo l’ennesimo sintomo di un sistema che sta perdendo i riferimenti per operare, che si sta progressivamente allontanando dalle regole della democrazia. Perché il termine “civile” dovrebbe significare proprio “che fa parte di uno Stato” e come tale sottostà a delle regole ben precise e si uniforma a dei principi. Invece sono proprio questi paletti che si vogliono evitare, ci si vuole smarcare da qualsiasi forma di controllo per operare senza dover rendere conto a nessuno. E la nube della scarsa chiarezza, frutto di un concetto di emergenza dilatato al di là di ogni ragionevole significato, avvolge tutto senza dare più garanzie.
Lo stesso decreto (il n. 195) che contiene anche la norma sulla protezione civile è un abominio giuridico ed ha ben poco a che spartire con i presupposti di “necessità e urgenza” che dovrebbero caratterizzare un simile atto normativo.
Dentro c’è di tutto: le nuove regole per la gestione del business dei rifiuti in Campania (finita l’emergenza perché non si può semplicemente tornare ad operare secondo le regole che funzionano in tutto il resto del Paese?), i super poteri per i commissari del nucleare, la stabilizzazione dei precari del Ministero dei Beni Culturali (!!), il commissario per la gestione del Piano Nazionale per le Carceri, ecc.
Insomma un grande calderone che muoverà, da qui ai prossimi dieci anni, una torta da 400 milioni di euro, pari a quanto speso dall’intera Regione FVG per tutti gli interventi anticrisi!
Perché tutta questa confusione viene da chiedersi? Perché si è scelto questo modus operandi così poco chiaro e trasparente per decidere punti qualificanti del futuro del Paese? Oggi pare che la parte relativa alla privatizzazione della Protezione Civile verrà stralciata ma tutto il resto rimane. E già si annuncia che probabilmente si ricorrerà alla fiducia.
La domanda è urgente. Cosa c’è da nascondere, da non poter discutere apertamente con quei cittadini da cui si proclama di essere amati? E soprattutto cos’hanno in comune il terremoto dell’Aquila e i Giochi del Mediterraneo di Pescara per essere sottoposti alle stesse deroghe procedurali? Dov’è l’imprevedibilità e l’urgenza che giustificano l’intervento della Protezione Civile in un evento programmato da anni come i Campionati Mondiali di Nuoto. Questo chiediamo che il Governo chiarisca, adesso e subito. A spiegarsi da soli tutto il resto, poi, penseranno i cittadini.

Paolo Menis
(Consigliere regionale del Pd – Regione FVG)
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