28 Giugno 2010

PAOLO MENIS: le 5 strutture detentive del FVG

Il consigliere democratico è da tempo in prima linea su un argomento che conosce particolarmente bene avendo da poco concluso, insieme alla collega ed europarlamentare Debora Serracchiani, un lungo percorso di approfondimento che l’ha portato negli ultimi mesi a visitare tutte e cinque le strutture detentive regionali. Un’occasione unica, spiega, per rendersi conto che in realtà il problema del “sovraffollamento carcerario”, come viene impropriamente chiamato è molto più complesso. A mancare sono le strutture certo, ma non solo, il problema vero è come mai abbiamo così tanti detenuti e cosa possiamo fare per risolvere la situazione in maniera permanente evitando semplicemente di rinviarla nel tempo. Ad oggi in Italia, spiega, esistono 206 carceri con circa 44 mila posti letto regolamentari ma vi risultano reclusi oltre 68 mila detenuti di cui il 40% in attesa di giudizio. Ma il problema non è solo chi in carcere c’è già ma anche quello che accadrà nel prossimo futuro. Con i tassi di incremento della popolazione carceraria attuali il “piano carceri” sarebbe inutile ancora prima di essere terminato. Saremmo punto e a capo, solo con qualche metro cubo di cemento in più. Serve un’analisi seria del problema, partendo dai dati. Il primo e più importante: quasi la metà dei reclusi non ha una condanna definitiva e molti sono in attesa addirittura del primo giudizio. In Friuli Venezia Giulia, alla data del 30 aprile 2010 (fonte Ministero della Giustizia) risultano detenute persone, di cui 875 maschi e 25 femmine, oltre il 60% sono stranieri e uno su quattro è in attesa di primo giudizio. Evidentemente c’è qualcosa che non funziona nel sistema complessivo di gestione delle pena. Secondo le associazioni che lavorano nel settore, prosegue Menis, sono almeno 8.000 l’anno le istanze di misure alternative da parte di detenuti per reati non gravi che vengono rigettate dai Tribunali di Sorveglianza per l’impossibilità di effettuare controlli puntuali in mancanza di personale idoneo. Se venissero accolte risolverebbero non solo una parte del problema del sovraffollamento ma soprattutto permetterebbero di recuperare moltissime risorse con cui potremmo realizzare un “piano carceri” realmente efficace ed a costo zero. Basterebbe assumere 700-1.000 unità del Corpo di Polizia Penitenziaria per attivare un circolo virtuoso che punti sui progetti di recupero, un obiettivo possibile e proficuo sia sul piano sociale che su quello economico. Un detenuto in affidamento sociale – dicono i dati – costa un decimo di un detenuto in carcere, meno di 20 euro al giorno. Con i 500 milioni di euro del piano carceri si potrebbero finanziare 10 mila progetti tutorati, che sono una condizione di sicurezza dal momento che il tasso di recidiva di chi sconta la pena con una misura alternativa è del 30 per cento contro il 68 di chi sconta l’intera pena in carcere. Paolo Menis

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