16 Ottobre 2010

Rosy Bindi e la bestemmia di Berlusconi

Poi il monsignore va nel merito della questione.
Detto questo, Berlusconi si assuma le sue responsabilità per le sue barzellette, e renda conto non solo ai suoi elettori, ma a tutti. Ripeto quanto già detto in una dichiarazione: le persone pubbliche debbono avere un’ attenzione del tutto particolare nel loro esprimersi, anche in privato: ne va della credibilità delle istituzioni che rappresentano. Ma in un momento così critico per tutti ci si aspetta anche un po’ di serietà di fronte ai veri problemi, non la rincorsa strumentale allo scandalismo di un giorno.
Fisichella quindi racconta di quando non volle assistere alla proiezione di un film di Bellocchio in cui c’era una bestemmia. E chiude con un attacco personale alla Bindi, accusata – a quanto si capisce – di collaborazionismo con i laicisti.
Certo, avendo buona memoria, mi sorgono tre domande: è peggio dire un’insulsa barzelletta condita da un’imprecazione, o presentare una legge contro la famiglia e pro nozze gay? Salvare la vita di Eluana o preferire l’eutanasia? Migliorare la legge sull’aborto o favorire la RU 486? Da vescovo sono turbato se vedo le pecorelle smarrirsi nei meandri dell’interesse politico, ignorando l’ abc della morale cattolica.

LA RISPOSTA DI ROSY BINDI – La replica della Bindi è davvero fulminante. Parte confutando le accuse di Fisichella:
Non ho autorizzato la pillola RU 486, procedura avviata dal mio successore Veronesi. Anzi, al governo con Prodi ho finanziato il rilancio dei consultori familiari per dare attuazione alla prima parte della legge 194. Le mie convinzioni sul valore della maternità mi hanno fatto votare a favore della Legge 40 e contro l’introduzione della fecondazione eterologa, anche se resto dell’idea che le leggi sui temi della vita non possano essere imposte a colpi di maggioranza né difese invocando l’astensione al referendum.
Non ho condiviso la decisione di interrompere le vite di Giorgio Welby ed Eluana Englaro. Ma penso che vada sempre difesa la dignità della vita e della morte, perciò da ministro della sanità ho finanziato la prima rete di hospice e promosso le terapie del dolore. E mi sono sempre opposta ad ogni tentativo di introdurre nella nostra legislazione forme più o meno occulte di eutanasia. Quando sono stata ministro della Famiglia, mi sono impegnata a realizzare politiche a sostegno della maternità.
Abbiamo investito risorse per gli asili nido, la difesa dei redditi delle famiglie con figli, la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro per le donne. Ma soprattutto, il disegno di legge conosciuto come Dico – al di là di certa interessata propaganda – non prevedeva né l’equiparazione giuridica tra il matrimonio e le convivenze, né il riconoscimento di alcuna forma di unione diversa dal matrimonio né le nozze tra omosessuali. Si limitava, invece, a regolare diritti e doveri delle persone conviventi per tutelare i soggetti più deboli senza discriminare gli orientamenti sessuali.
Ricorda, la Bindi, che Avvenire criticò il suo atteggiamento pesantemente, ma – sottolinea riferendosi chiaramente al caso Boffo – nessuno nella maggioranza di governo pensò a fare ritorsioni. Poi rammenta il curriculum delle battaglie della Chiesa in questi ultimi anni:
Nel frattempo, come non concordare con l’invito alla comprensione e al perdono per tutti i peccatori? Ho sempre pensato che la Chiesa dovesse mostrare in pubblico la stessa misericordia esercitata nei confessionali. Ha ragione monsignor Fisichella, mai essere spietati! Ma allora, perché mai si mostra comprensione al potente bestemmiatore e si nega il funerale al povero Welby? Si usa misericordia per il potente che frequenta minorenni e si condanna pubblicamente il padre di Eluana che compie una scelta drammatica? Si assolve chi usa il corpo delle donne come strumento di corruzione e si condanna la ricerca scientifica che vorrebbe far soffrire di meno quel corpo?
E infine la mazzata finale:
Caro monsignore, non mi ha convinto. Non sono io che mi sono smarrita nei meandri della politica. Sono ancora una pecorella in cerca di buoni pastori.
Senza dirlo, ma magari pensandolo: il buon pastore, Fisichella, non è lei.
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