28 Dicembre 2011

La relazione del sen. Barbolini sulla manovra economica

È dunque necessario spiegare al Paese, con parole di verità, le ragioni di queste scelte e quale sarebbe stata l’alternativa in caso di mancata assunzione di questa responsabilità. Il punto di partenza – lo richiamava il collega Tancredi – non si può dimenticare, è la difficile situazione economica e finanziaria nella quale versa l’Italia. Siamo in una fase di piena recessione economica, abbiamo un debito pubblico elevato e lo dimostra le difficoltà che si incontrano sui mercati neldover corrispondere elevati tassi d’interesse per la collocazione dei nostri titoli pubblici.

Senza una decisa azione di risanamento dei conti pubblici, come questa manovra si propone di fare, la crisi della zona euro poteva – spero si possa usare oggi l’imperfetto – trovare nell’Italia il punto di rottura. Quindi questa è una situazione assai grave, dalla quale però l’Italia può uscire con l’impegno e il contributo di tutti e con la guida di un Governo che, all’atto del suo insediamento in quest’Aula, si è connotato ed è stato definito dal presidente Monti proprio come di impegno nazionale.

In questo spirito, per competenza, mi soffermo in particolare sulle principali misure inserite nella manovra che riguardano gli interventi di natura fiscale per la crescita, l’emersione di base imponibile e la lotta all’evasione, nonché il sostegno al settore creditizio.

Relativamente alla crescita, vanno visti con grande favore una serie di interventi, tra cui assume particolare importanza quello legato al rafforzamento della capitalizzazione delle imprese attraverso l’istituzione di un aiuto alla crescita economica, il cui acronimo è ACE. Si tratta di un intervento sicuramente positivo, che ha come fine quello di riequilibrare il trattamento fiscale delle imprese indebitate con quello delle imprese che invece puntano a capitalizzarsi, in questo modo accrescendo la loro solidità, autonomia e potenzialità di innovazione.

Analoga importanza riveste anche l’intervento concernente l’IRAP. Tralasciando la diversità di valutazioni che ha connotato nel tempo le opinioni e i giudizi su quest’imposta introdotta nel 1997, negli ultimi tempi il dibattito aveva focalizzato due elementi di criticità su cui vi era una generale richiesta di innovazione e di cambiamento: il tema della indeducibilità del costo del lavoro e quello riguardante l’indeducibilità degli oneri finanziari. Ebbene, il provvedimento del Governo che discutiamo e approveremo in quest’Aula dà un primo segnale in questa direzione, consentendo di dedurre l’IRAP afferente al costo del lavoro ai fini della determinazione del reddito di impresa. Quindi, ciò che viene pagato ai fini dell’IRAP-lavoro, potrà essere dedotto nella determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi.

Con un’ulteriore integrazione apportata alla Camera è stato affrontato anche il tema dell’ indeducibilità degli oneri finanziari. Si sono quindi adottate due misure particolarmente importanti per tonificare il sistema imprenditoriale e favorire processi occupazionali, e stupisce che si tenda a trascurare il rilievo, la novità e l’importanza potenziale di questo aspetto, che era stato universalmente auspicato.

Una misura altrettanto attesa è quella relativa all’introduzione dell’agevolazione fiscale IRAP per l’assunzione di lavoratrici e giovani di età inferiore ai 35 anni. Anche al riguardo, pur nella limitatezza delle risorse a disposizione si investe su quel capitale umano che, in particolare in questi ultimi anni e in questa fase congiunturale, trova particolari difficoltà nell’inserimento nel mercato del lavoro, una risorsa straordinaria che è sbagliato, assurdo e autolesionista sprecare.

Infine, va sottolineata l’importanza della stabilizzazione degli incentivi per gli interventi di ristrutturazione, di riqualificazione energetica e di consolidamento degli immobili privati. Sono due misure che abbiamo sperimentato nel tempo avere un grande effetto positivo sull’economia, e anche sulla sostenibilità della green economy, che hanno il pregio di venire messe a regime, come misure strutturali. In questo modo si dà un elemento di certezza per chi deve operare e investire – penso alle imprese – in questo campo.

Per ciò che si riferisce allo sviluppo e alla stabilizzazione del sistema creditizio voglio ricordare, tra le diverse misure, la facoltà concessa al Ministro dell’economia fino al 30 giugno 2012 di concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche, ovvero di rilasciare la garanzia statale su finanziamenti erogati dalla Banca d’Italia alle banche italiane per fronteggiare gravi crisi di liquidità. Questa è una misura che tende a sostenere e a tutelare i risparmi dei cittadini e a mantenere aperto un canale di possibile finanziamento del credito alle imprese da parte delle nostre banche.

Accanto a queste misure è bene ricordare anche che sono stati introdotti, rispetto al testo originario del decreto, correttivi che puntano a favorire fasce socialmente svantaggiate di clientela e a ridurre gli oneri inizialmente previsti a loro carico. Penso alla esenzione dell’imposta di bollo per l’accredito delle pensioni su conti correnti (misura che vale anche presso le Poste), alla previsione della creazione da parte di banche e Poste del cosiddetto conto corrente di base, nonché alla disposizione che stabilisce l’esenzione dall’imposta di bollo sui conti correnti che presentano un valore medio di giacenza annuo non superiore a 5.000 euro. Ancora, le misure che impegnano tutta una serie di operatori economici ad intervenire per facilitare lo sviluppo e la diffusione della moneta elettronica riducendo i costi delle commissioni a carico degli operatori, degli esercenti e speriamo anche dei consumatori utilizzatori.

Le misure per la trasparenza e l’emersione della base imponibile appaiono particolarmente importanti e funzionali al raggiungimento di obiettivi di maggiore fedeltà e correttezza fiscale dei contribuenti e ad un mutamento di rapporti tra erario e cittadini, non più incentrato sulla contrapposizione, ma sulla premialità dei comportamenti virtuosi. Sottolineo, a questo proposito, le norme mirate a spingere i soggetti che svolgono attività di impresa ad avere un rapporto trasparente e dialogante con l’amministrazione finanziaria.

Il fisco, laddove il contribuente assuma un atteggiamento collaborativo con l’erario, riconosce una serie di agevolazioni e di benefici, che consistono in un alleggerimento e in una semplificazione degli adempimenti fiscali e in un’attenuazione dell’attività di accertamento. Su questo tema, tra l’altro, ci siamo soffermati anche nella discussione nelle Commissioni riunite, sede nella quale il Governo ha accolto un ordine del giorno che spinge a rafforzare la tendenza alla collaborazione e alla premialità per i comportamenti corretti e leali nei confronti del fisco.

Sullo stesso fronte, in ordine alle stesse tematiche, il provvedimento al nostro esame contiene misure dedicate alla lotta all’evasione fiscale che, seppure non esaustive dei possibili interventi in questo campo, rappresentano però un significativo passo avanti, che può produrre novità in grado di generare effetti di recupero di gettito molto importanti e, soprattutto, chiudere, o aprire, finalmente una fase nuova in termini di contrasto all’economia sommersa e ai comportamenti elusivi dell’obbligazione tributaria e fiscale.

In un’ottica antievasione, significativo è il contributo che sarà fornito dalla riduzione dell’utilizzo del contante per il pagamento di prestazioni professionali e lavorative, con la soglia portata a 1.000 euro. Così come significativa e importante, da non sottovalutare e da gestire con appropriatezza, è la misura che prevede l’obbligo di comunicazione, da parte degli operatori finanziari, all’anagrafe tributaria, delle movimentazioni dei rapporti bancari da parte della clientela.

Il combinato disposto delle misure che ho richiamato, insieme alla previsione dell’obbligo per la pubblica amministrazione di pagamenti telematici oltre i 1.000 euro, riduce sensibilmente gli spazi per l’evasione e favorisce il diffondersi di comportamenti virtuosi tra i contribuenti, ma anche di buone pratiche e collaborazioni tra istituzioni e settori del credito.

Sempre per scoraggiare comportamenti non virtuosi dei contribuenti sono state inoltre previste una serie di misure, tra le quali, in particolare, un aggravio di imposta a carico dei soggetti scudati, che personalmente saluto con soddisfazione. Mi pare che si sia trovata una formula particolarmente efficace con una misura innovativa che non mette in discussione – anche se, parlo a titolo personale, ho sempre considerato sbagliata quella decisione – gli impegni che erano stati comunque garantiti a chi aveva regolarizzato utilizzando lo scudo, ma introduce il principio che, se si vuole mantenere, una volta regolarizzati quei conti, il dato della riservatezza e dell’anonimato, è necessario corrispondere un’ulteriore contributo all’erario. Questo credo sia un elemento da sottolineare con particolare apprezzamento. Così come va apprezzato il fatto che siano stati prorogati al 31 dicembre 2013 i termini di accertamento a carico di coloro che avevano usufruito dei vantaggi nel condono del 2003 e che poi avevano dimenticato di onorare il completamento delle loro obbligazioni tributarie.

Complessivamente, sono interventi che vanno nella direzione giusta. Auspicherei anche che si investisse maggiormente, in termini sperimentali, anche con misure di contrasto di interessi tra i contribuenti, in maniera mirata, su settori specifici – nella discussione in Commissione diversi ordini del giorno vi hanno fatto riferimento – sul rafforzamento ulteriore della tracciabilità degli acquisti e delle prestazioni, dando un deciso impulso alla lotta all’elusione fiscale (penso all’abuso del diritto).

Ci sono su questi temi disegni di legge in Parlamento che potrebbero essere portati rapidamente a compimento e che aiuterebbero l’azione di emersione di base imponibile nell’interesse della collettività e potendo anche avere quindi quelle condizioni per ridurre la pressione fiscale, soprattutto nei confronti dei contribuenti reali (cittadini, lavoratori ed imprese).

Venendo al resto delle misure fiscali che hanno incidenza sulle entrate, l’introduzione dell’IMU sulla prima casa si è resa necessaria, unitamente alla revisione delle rendite catastali e all’introduzione del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, del bollo su titoli e conti correnti, delle accise sulle benzine, all’incremento dell’IVA e dell’addizionale IRPEF regionale, per consentire il raggiungimento degli obiettivi di risanamento della finanza pubblica. Misure, quelle appena descritte che andranno pesantemente ad incidere sulla disponibilità delle famiglie, ma che in un momento di difficoltà dei conti pubblici, era purtroppo necessario adottare.

Vorrei spendere qualche parola – lo ha già fatto il collega Tancredi – sull’introduzione dell’imposta municipale sulla prima casa. Questa misura viene anticipata al 2012; produce un gettito complessivo di circa 11 miliardi di euro, di cui una parte destinata al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e quindi introitati dallo Stato e una parte assegnata ai Comuni per lo svolgimento dei compiti e delle funzioni che loro competono.

Sono stati introdotti alcuni meccanismi di camminamento. Si può dire che allo stato circa il 40 percento dei titolari di una prima casa, specialmente la maggior parte di quelli che si collocano nei decili più bassi della scala di reddito) non saranno comunque tenuti al pagamento della imposta per via della franchigia inserita e di quella particolare attenzione alla composizione dei nuclei familiari, con lo sgravio ulteriore per ciascun figlio fino ad un massimo di 200 euro, che si sommano a quelli della detrazione di base.

Lì ci sono ulteriori elementi che solleciterebbero qualche elemento di auspicabile correttivo – penso al tema per esempio della non flessibilità lasciata sugli immobili, seconde case in affitto. Il timore è che possa esserci una penalizzazione della messa sul mercato di alloggi per facilitare per esempio l’esperienza degli alloggi ad equo canone o a canoni concordati, molto diffusi e che quindi richiederebbero di essere utilmente promossi e sostenuti.

Qualche attenzione maggiore andrebbe data anche sul tema dell’applicazione della norma rimessa ai Regolamenti comunali, ma è forse necessario che introduca ulteriori elementi di flessibilità, avendo particolare attenzione riguardo al sistema delle imprese per non gravare troppo in un momento particolarmente difficile.

Le stesse osservazioni con qualche elemento di problematicità, pur all’interno di un giudizio positivo, si possono fare per l’imposta comunale rifiuti e servizi, che entrerà in vigore dal 2013. Si risolve un problema di grande confusione esistente sulla materia della tassazione dei rifiuti.

Forse trovare qualche meccanismo per fare di questo una imposizione più di tipo personale e meno legata alla dimensione degli alloggi è materia su cui auspicabilmente si potrà tornare con affinamenti.

Tuttavia, queste osservazioni non offuscano un giudizio ed una valutazione assai positiva perché nel complesso, queste misure hanno avuto ed hanno il merito e raggiungono un duplice obiettivo dì concorrere sensibilmente al rìequilibrio dei conti pubblici. Ma soprattutto di configurare in prospettiva una effettiva e piena autonomia finanziaria dei Comuni, realizzando in modo efficace il criterio di trasparenza, controllo e responsabilizzazione tra cittadini e amministratori, che con buona pace dei colleghi della Lega Nord, non era stato risolto positivamente ed era rimasto incompiuto nel decreto sul federalismo fiscale.

Richiamo, infine, l’intervento utile fatto di dilazione del termine di entrata in vigore della cessazione da parte di Equitalia di un impegno sulla riscossione coattiva dei Comuni, la revisione dell’ISEE.

Insomma, questo insieme di imposte sul patrimonio immobiliare, detenuto sia in Italia che all’estero, unitamente a quello sulla ricchezza posseduta, e quindi il bollo sui titoli e sui beni di lusso, prefigurano – la chiamo così, ma ne abbiamo discusso anche nelle Commissioni riunite – chiaramente e sostanzialmente una «patrimoniale».

Può piacere o meno la terminologia, ma di fatto viene introdotta una tassa sul patrimonio detenuto dai cittadini, che comprende anche i beni mobiliari e i fabbricati all’estero. Può piacere o meno la terminologia, ma di fatto viene introdotta una tassa sul patrimonio detenuto dai cittadini che comprende anche i beni mobiliari e i fabbricati all’estero. In questo io vedo un profilo di equità distributiva del carico della manovre e credo si concretizzi, anche se ancora solo in parte, quel riequilibrio della pressione fiscale su lavoro e impresa, spostandolo sulla rendita e sul patrimonio, che tutti riconoscono essere un elemento fondamentale per la crescita ed il sostegno alla ripresa economica.

Penso dunque si stia facendo un passo importante verso una cultura fiscale più moderna e anche più rigorosa che dovrà essere completata, mi auguro, dalla riforma fiscale in discussione nel Parlamento, in grado di realizzare semplificazione, premialità e un deciso riequilibrio dei carichi fiscali in favore del lavoro, dell’impresa e delle fasce più deboli della società. È una sfida ambiziosa, difficile in questa congiuntura, ma possibile ora che c’è un altro merito in questa manovra che l’Aula del Senato si appresta a discutere e spero ad approvare, perché le misure introdotte su accise dei carburanti e sull’IVA, pur severe e largamente distribuite, hanno risolto i problemi di copertura finanziaria e di impatto sociale della clausola di salvaguardia che era subordinata alla riforma fiscale ed assistenziale ed i cui effetti avrebbero potuto essere devastanti sul piano sociale.

Mi avvio alla conclusione ricordando, come avevo detto in apertura, che gli aspetti dell’equità, della crescita e del rigore sono contenuti nel provvedimento. In questo primo provvedimento però la pesatura è ancora troppo sbilanciata sul versante del rigore e, quindi, sulle richieste di sacrifici.

Come è stato sottolineato in sede di Commissioni riunite e anche dal collega Tancredi, ci aspettiamo dal Governo, nei prossimi provvedimenti che dovrà adottare, che si tenga in particolare attenzione il discorso della crescita, delle liberalizzazioni e della tutela della concorrenza in tutti i settori produttivi. Se non c’è crescita (e approfitto per ribadire che rivedere il Patto di stabilità per i Comuni darebbe un contributo efficace nell’immediato a sbloccare risorse in questa direzione), se non ci sono vere liberalizzazioni ed effettiva concorrenza nei mercati, non si creeranno le condizioni per abbattere il debito pubblico e rilanciare il livello di competitività dell’Italia nel contesto dei Paesi maggiormente sviluppati.

Questa è un’esigenza che ha il Paese per potersi rilanciare; questo è, speriamo, il tema su cui saremo chiamati a discutere a partire dalle prossime settimane sulla base dell’iniziativa del Governo e del contributo che può essere recato dal lavoro delle Commissioni parlamentari. La discussione svolta dalle Commissioni 5a e 6a e la serietà dell’impegno da esse manifestata – e ringrazio per questo sia i due Presidenti sia tutti i colleghi che sono intervenuti nel dibattito in quella sede – hanno dimostrato che esistono capacità e qualità anche nel percorso seguito alla Camera per interloquire positivamente e per cercare di fare in modo che le misure finanziarie si pongano quegli obiettivi che ci si prefigge nell’interesse generale della comunità nazionale.

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