21 Luglio 2012

Debora Serracchiani: sento la responsabilità di mettere a disposizione la mia candidatura alle elezioni regionali del 2013

Qui potete leggere il testo completo della relazione della segretaria regionale Debora Serracchiani durante l’assemblea regionale svoltasi a Udine il 21 luglio.

Introduzione

Viviamo tempi di incertezza e spaesamento. Quella che abbiamo creduto e sperato fosse una fase di transizione, controllabile per quanto difficile, sta prendendo l’aspetto della crisi epocale di un sistema. Avanza il sentimento più pericoloso, la paura, e di essa si nutrono le divisioni, le contrapposizioni e la tentazione di soluzioni drastiche.

Il dramma della Grecia è finito sullo sfondo, solo perché ora in primo piano c’è la Spagna che ieri ha superato i 600 punti di spread. I tagli spietati subiti dal bilancio spagnolo sono stati sigillati dalle affermazioni del ministro del Bilancio, il quale ha dichiarato che “la Spagna non ha un soldo in cassa per pagare i servizi pubblici e se la Bce non avesse comprato i titoli di Stato, il Paese sarebbe fallito”.

Uno scenario infuocato che si completa con la guerra civile in Siria, che coinvolge in vario modo tutto il Medio Oriente fino alla Turchia e i cui contraccolpi saranno sentiti in Europa.

Non ci nascondiamo che l’allarme in l’Italia è altissimo. Ce lo ricordano Napolitano e Monti, mettendo in guardia dalle continue speculazioni, i cui effetti immediati sono la crescita dello spread e l’ulteriore aumento del debito pubblico. Il rischio default della Sicilia è solo l’ultima rilevante manifestazione di una cattiva gestione della cosa pubblica che, seppur con legittime distinzioni, ha attraversato il nostro Paese.

La scarsità crescente di risorse pubbliche, unita a un discredito diffuso e talvolta generalizzante da cui è colpita la classe dirigente, non solo quella politica, crea un malessere che si incanala in forme di protesta che non hanno ancora raggiunto picchi di conflittualità pari a quelli di altri Paesi. Di questi movimenti si fatica a cogliere una visione d’insieme propositiva e la volontà di collaborazione nella competizione. In presenza di un rischio vitale per la collettività, la regola prima della democrazia chiede in ogni caso il riconoscimento degli interlocutori, e non la demonizzazione in cui troppo spesso si scivola.

In questo scenario privo di risposte a domande complesse, il governo Monti sta affrontano sfide impegnative, mai tentate a questo livello nella storia repubblicana, prima fra tutte una revisione complessiva della spesa pubblica. Un’opera vissuta troppo spesso, da molti, come una costrizione dei tempi e con un fastidio rivelatore di una scarsa volontà di cambiamento.

Cambiare il nostro approccio nella tutela dei diritti, di cui ci proclamiamo difensori, non è una costrizione ma una sfida necessaria.

Nel raccogliere la sfida del cambiamento, come Partito democratico, ritengo doverosa una precisazione: l’Italia è un Paese complesso con al suo interno enormi differenze culturali, sociali e politiche che ne rappresentano anche una ricchezza. Se vogliamo realizzare una crescita nazionale all’insegna della solidarietà e della coesione, bisogna tenere conto delle differenze e delle diversità in tutti gli ambiti, anche nella revisione della spesa. Per la credibilità dell’operazione, è utile tener conto delle reali dinamiche di spesa di ognuna delle Regioni. Diversamente, vi è il rischio di trascinare dietro al disastro siciliano anche virtuose esperienze di autonomia come la nostra.

Il livellamento delle caratteristiche regionali non può essere la risposta. Tuttavia, per pretendere il rispetto delle differenze, vi è la necessità di utilizzare l’autonomia per realizzare riforme che producano risultati significativi.

Peggio sarebbe usare la tecnica del rinvio: è quello che ha fatto la giunta Tondo in questi anni, perdendo di vista gli obiettivi generali e non praticando misure concrete.

I provvedimenti del Governo devono rispondere a esigenze immediate di bilancio e possono avere quel grado di accuratezza e di efficacia, solo se sarà realizzato un dialogo virtuoso con i territori.

Questa Regione

Anche il Friuli Venezia Giulia è in recessione, con effetti sulle esportazioni, sui fatturati e sull’occupazione.

Le esportazioni registrano, nel primo trimestre del 2012, un calo del 6% su scala regionale; nel 2011 pesavano 12.565 mln di euro contro i 13.243 mln del 2008. L’export nella provincia di Udine è calato dell’8,6% e a Pordenone del 13% nell’analogo periodo: ciò significa che Udine e Pordenone hanno perso oltre 1 miliardo di euro di esportazioni.

I fatturati sono caduti in particolare nei settori di specializzazione dell’industria regionale che producono beni strumentali e di consumo durevole.

Il lavoro indipendente ha pagato il prezzo più salato passando da 121mila a 106mila occupati in Regione. Ma i dati più eloquenti e preoccupanti sono quelli sulla disoccupazione, che ha raggiunto il 7%, con la cassa integrazione in deroga che solo negli ultimi sei mesi è cresciuta del 48,6%.

Questi numeri non sono solo frutto di una congiuntura mondiale ed europea negativa. L’accoppiata Tondo-Berlusconi, porta il peso di tre gravi colpe politiche che hanno reso più povera la nostra Regione. Innanzitutto hanno negato la crisi fino quasi all’evidenza, perdendo tempo prezioso; hanno regalato 370 milioni di euro dei cittadini del Friuli Venezia Giulia in cambio del nulla; hanno reso marginale la nostra Regione in termini di reti, infrastrutture e interlocuzione con il resto del Paese. Ci hanno reso meno capaci di cogliere le opportunità di sviluppo che, pur in un periodo di crisi, si manifestano. Solo adesso che la casa brucia, Tondo ci dà ragione.

Il cambio dello scenario politico nazionale, con lo sfaldamento del centrodestra e la rottura dell’asse Pdl-Lega non ha ancora dispiegato tutti i suoi effetti in questa Regione. Ma le contraddizioni interne alla maggioranza emergono ogni giorno con più forza: l’asse Pdl-Lega si dimostra strutturalmente fallimentare e politicamente sconfitto, dalla pochezza dei risultati raggiunti e da una frammentazione territoriale che impedisce a questa Giunta di assumere le decisioni necessarie.

Ora tocca a noi

Vogliamo aprire una fase nuova, assumendoci la responsabilità di organizzare culturalmente e programmaticamente l’alternativa. Dobbiamo fondare un nuovo senso della comunità con il concorso di tutte le forze migliori della Regione. Intendiamo promuovere un’unione delle forze politiche e sociali, del volontariato, dei movimenti, dei presidi democratici e delle autorità morali, quelli che si stanno facendo carico delle sofferenze dei cittadini del Friuli Venezia Giulia. Avendo ben presenti le radicate espressioni delle minoranze.

Tutto questo serve al Friuli Venezia Giulia per fare le cose di cui ha più bisogno: cambiare, decidere, crescere.

Lo possiamo fare, con un’alleanza che raccolga le forze di chi non ha paura, di chi non si rinchiude, di chi promuove il futuro, di quelle larghe fasce della comunità che non credono nella rendita ma nell’investimento, su di sé e sulle capacità collettive.

Penso alle donne, ai giovani, agli imprenditori, agli artigiani, ai lavoratori autonomi e dipendenti che soffrono la crisi. E penso anche a quelli che sono o che presto saranno a casa, gli ultimi, quelli a cui nessuno pensa.

Guardo alla tradizione delle forze civiche, frutto storico di territori che hanno voluto rappresentare al meglio le aspirazioni e esigenze delle comunità, caratterizzate dal buon governo e dal formarsi di personalità che hanno lasciato un segno. Chiediamo a queste forze e competenze individuali, che riconosciamo, di concorrere alla costruzione della nuova fase regionale.

Da dove partire per cambiare?

Una la priorità che ci sentiamo di indicare su tutte: il lavoro.

Deve essere il nostro primo obiettivo, perché nel lavoro c’è la libertà e la dignità della persona, c’è l’orgoglio delle famiglie, la speranza in un futuro migliore per i nostri figli.

I posti di lavoro nascono solo in un territorio che progredisce, che attrae investimenti e che trasmette fiducia.

Il ruolo della politica è creare le condizioni che promuovono lo sviluppo e valorizzano i fattori necessari per competere. Se tornare a crescere è il richiamo incessante in questa fase travagliata dell’economia, siamo consapevoli che non si cresce per invocazione o per decreto.

Bisogna dunque avere il coraggio di promuovere le riforme a livello nazionale, poiché il Paese non solo è messo alla prova ma corre rischi seri. Lo stesso serrato impegno va posto in Friuli Venezia Giulia.

Abbiamo di fronte un periodo molto duro in cui, per assicurare la tenuta del bilancio, per garantire i servizi e tenere accesa la fiducia di ripartire saranno richiesti sforzi, strategie e scelte difficili.

La spending review è uno strumento di programmazione che rende possibile, mediante l’individuazione di obiettivi e indicatori verificabili dal cittadino e dall’amministrazione, e mediante la misurazione dei risultati raggiunti, l’efficienza della spesa.

Abbiamo intenzione di recuperare le migliori esperienze in questo campo, rappresentate ad esempio dalla Gran Bretagna e dalla Francia, dove agenzie e comitati indipendenti interagiscono in tutto il processo.

Esattamente l’opposto degli interventi cosmetici o degli annunci senza seguito finora operati dalla giunta Tondo. Fare una seria spending review, infatti, non significa sforbiciare un po’ qua e un po’ là, facendo come si è fatto ad esempio per le unioni montane, ma mettere in piedi una riforma strutturale affinché la macchina della Regione con tutte le sue articolazioni funzioni meglio costando meno.

Questo intervento lo richiedono sia lo sciagurato accordo stipulato da Tondo con Tremonti, sia gli effetti della spending review nazionale del valore di 508 milioni in tre anni. Ma serve coraggio. Siamo di fronte a una diminuzione delle entrate tributarie, che dal 2010 al 2012 sono passate da 5.257 mln a 5.065; dei tributi propri, passati 1.057 mln del 2007 agli 800 del 2011 (con l’Irap da 871 mln del 2007 previsto a 620 nel 2012). Così come sono calanti i tributi da compartecipazione con l’Irpef scesi da 1.591 mln (2010) a 1.500 mln (2011).

La forza di decidere

In questa regione dobbiamo pronunciare parole di verità. Questo significa mettere mano a una spending review vera che affronti tra l’altro le principali componenti della spesa corrente della regione: farlo significa difendere davvero le nostre prerogative costituzionali. Diversamente da chi, come Tondo, usa l’autonomia come un paravento e non intende compiere scelte coraggiose.

Non possiamo ignorare lo stato della spesa pubblica e delle entrate in questa regione, né che esista la relazione della Corte dei conti che certifica la crescita sensibile della spesa, che si presenta più elevata rispetto alla media nazionale, e registra un alto livello di indebitamento degli enti locali, con un costo di 174,1 euro pro-capite, a fronte di una media nazionale di 84,5. Un dato su cui nelle prossime settimane saremo chiamati ad ulteriori riflessioni.

Inutile lamentarsi. Una classe dirigente seria si assume la responsabilità di affrontare il debito pubblico e la sua gestione.

Siamo coerenti: procederemo subito alla semplificazione burocratica e a rivedere i processi amministrativi con l’avvio di riforme a “costo zero” in grado di farci abbandonare quanto prima una situazione che scarica oneri rilevanti sulle imprese e sul valore dei beni e fa perdere competitività al sistema economico, scoraggiando nuovi investitori. Ciò significa approntare norme, per la parte di competenza della Regione, in modo da non avere l’autorizzazione a costruire un impianto industriale tra i 12 e i 24 mesi; o a passare l’azienda agricola dal padre al figlio con moduli che pesano decine di chili e messi in fila arrivano a chilometri; oppure a impiegare meno dei 6 giorni al mese per compiere adempimenti amministrativi in una impresa commerciale o meno delle 76 pratiche per aprire un’officina meccanica, delle 73 per un’impresa edile, delle 71 per un ristorante, delle 68 per una lavanderia e meno delle 58 pratiche per avviare un negozio di alimentari.

Di fronte ad un periodo molto duro in cui, per assicurare la tenuta del bilancio, per garantire i servizi e tenere accesa la fiducia di ripartire, sarà necessario decidere per operare riforme strutturali.

Non possiamo non partire dal ridisegnare l’assetto degli enti locali. Il consiglio dei ministri di ieri ha indicato criteri per l’accorpamento delle provincie: non possiamo pensare che ciò non ci riguardi. Dobbiamo organizzare il territorio regionale intorno a città e aggregazioni di funzioni e competenze fra i piccoli comuni, che possono coincidere con ambiti mandamentali, distretti e zone industriali. E dobbiamo riordinare le funzioni e competenze della Regione, a cui devono spettare solo i compiti legislativi e di alta programmazione. Queste scelte permettono anche di ridurre costi e tempi della burocrazia. Non possiamo più accettare che gli uffici regionali vengano intasati per scrivere delibere da 1000 euro.

Dobbiamo crescere

Come sentiamo tutta la responsabilità di risparmiare, di non sprecare denaro pubblico, di liberare risorse, siamo fermamente convinti che dobbiamo riorientare le risorse, adoperando la logica di risultato e premiando le attività che producono valore aggiunto. Sono indispensabili politiche di sviluppo e promozione economica, in modo da influire positivamente sulle entrate tributarie e sulle imposte.

Uno degli obiettivi è quello di ottenere un surplus rilevante dall’interscambio commerciale [import-export] in modo da recuperare quante più risorse possibili premiando le attività che producono valore aggiunto, in primo luogo verso l’internazionalizzazione e l’export, l’allargamento del numero delle medie imprese, la nascita di nuove aziende, l’innovazione.

Lungo questa direzione, e in un momento in cui la stretta sul credito è operata dal sistema bancario, Friulia holding, Frie e Mediocredito hanno bisogno di un cambio di marcia, tale da garantire gli investimenti delle aziende in maniera straordinaria per non assegnare alla politica l’esclusivo compito di occuparsi degli ammortizzatori sociali. Non si fa molta strada se Friulia holding continua a fare perdite, condizionando anche così il finanziamento al sistema industriale, pur avendo in dotazione 800 milioni di euro, e se Mediocredito registra un credito in sofferenza che supera il valore del patrimonio nell’anno 2011. Non si forniscono risposte concrete alle imprese se tutto rimane com’è.

Siamo convinti che il settore manifatturiero è fondamentale e necessita di nuove condizioni per lo sviluppo, tra cui trarre profitto dalla collocazione geopolitica del Friuli Venezia Giulia.

Questo tema diventa una risorsa valida solo se funzionano le infrastrutture materiali, dalla ferrovia ad alta capacità alla terza corsia, dall’integrazione di reti e servizi all’allestimento di un sistema portuale che ci faccia uscire dall’isolamento. Significa dotare il territorio di reti di informazione, della digitalizzazione ad alta velocità e fare delle nostre città delle smart cities.

Insomma, non possiamo più continuare a farci sfuggire occasioni che ci costano anche la perdita del ruolo nazionale, com’è accaduto nel caso di Unicredit, e come non deve accadere per la terza corsia.

Per crescere, dobbiamo puntare sull’economia verde e sulla rigenerazione dell’esistente, avendo in ogni caso cura di non consumare suolo e rovinare il patrimonio naturale.

Il nostro obiettivo, anche in una situazione difficile, è mantenere alto il livello già elevato dei servizi sanitari e socio assistenziali di questa Regione. Non ci divertiamo, noi, a pensare che la soluzione sia quella di lanciare numeri a caso, oggi uno, domani tre, dopodomani sei; ma terremo al centro di ogni nostra proposta il cittadino utente e il paziente. Crediamo infatti che sia necessario realizzare riforme che prima di tutto intervengano sugli sprechi e sulla razionalizzazione della spesa, ricostituendo ad esempio il Centro Acquisti Condivisi.

Attorno a queste idee e propositi di un nuovo modello di sviluppo, abbiamo promosso incontri con cittadini, categorie, territori e città. Un lavoro utile di confronto con quella parte di società regionale interessata ad aprire una nuova fase.

Per voltare pagina servono un partito e un candidato che sappiano andare oltre gli steccati della politica di destra e di sinistra. Vogliamo unire e mobilitare competenze e capacità singole e collettive che vogliono bene al Friuli Venezia Giulia, che sono consapevoli che una storia è finita e sono disponibili ad aprirne una nuova. A queste persone dobbiamo offrire la possibilità di concorrere e contribuire a costruire il bene comune.

Non è un libro dei sogni, ma un sogno che si può realizzare.

Etica

Cambiare decidere e crescere. Lo faremo tenendo fermi i valori etici e la competenza.

Taglieremo quindi gli sprechi dove Tondo non è riuscito a farlo, come ad esempio i Cda di Agemont e Promotour; ridurremo il numero fino a un massimo di tre i componenti dei Cda, rispettando le norme nazionali, cosa che la Giunta non ha fatto.

Faremo una riduzione drastica del costo complessivo della politica e faremo una norma che elimini i conflitti di interesse che vedono anche in questa Regione singole persone assumere responsabilità e poteri pubblici e privati contrastanti fra loro.

Renderemo trasparente l’azione politica. Tra i primi impegni che voglio assumere c’è una legge sulle nomine che rompa i vecchi schemi della compensazione politica per confermare la nostra apertura alle competenze. Dobbiamo farla finita con il sistema delle regalie di cui ha largamente abusato il Consiglio regionale: non solo non è giusto ma non ce lo possiamo più permettere.

Ho ben chiaro che le linee di questo progetto portano a un necessario e naturale ricambio della classe dirigente della Regione, e anche del suo personale politico. Non si può credere di ottenere risultati diversi continuando a fare le cose allo stesso modo e con le stesse persone. Il rinnovamento è infatti il risultato di un processo politico che riguarda anche noi e coinvolge tutti e tutte e a cui, partendo dagli iscritti e dagli elettori, siamo tutti chiamati a contribuire.

Imboccando questa strada, la politica può tornare a guadagnarsi la sua autorevolezza e quindi il ruolo di guida della società.

E’ una sfida tra innovatori e conservatori, tra il merito e la raccomandazione, tra la rendita per paura ed egoismo e l’investimento per sé e la comunità, tra il rispetto delle regole e chi le aggira passando magari per furbo.

La mia disponibilità

Non sfugge a nessuno che quando si parla della candidatura alla presidenza della regione, entrano in gioco anche componenti molto personali, che ci mettono di fronte a un bivio.

Sapete che innumerevoli e non lievi sono le richieste che mi vengono rivolte affinché io profonda un impegno più largo e intenso, per contribuire al rinnovamento della classe dirigente del Partito democratico e della politica a livello nazionale.

Intendo dare ascolto a queste richieste, e non dismettere quell’impegno, sotto il cui segno è iniziato il mio percorso politico nazionale e cui mi chiamano la coerenza e una profonda convinzione. Ci sono battaglie, che non possono essere abbandonate per nessun motivo, perché non sarebbe giusto. E quindi non lo farò.

Inizieremo cominciando da qui, dal Friuli Venezia Giulia.

Come segretario di un partito cui è affidato il compito di unire le forze disponibili, di promuovere il cambiamento, di uscire dalla crisi, non mi sottraggo a questa chiamata collettiva. Sento la responsabilità di mettere a disposizione la mia candidatura alle elezioni regionali del 2013.

Nulla è stato fatto o discusso di nascosto: gli argomenti pro o contro una mia candidatura sono stati trattati ovunque, dai circoli alle più recenti assemblee regionali, sui giornali e sui social network. Credo che questo sia un elemento positivo, anche se non sempre gradevole.

Ovviamente, ciò che non è finito in pubblico è stato il mio dibattito interiore.

E’ stato l’interrogativo silenzioso che mi sono sentita porre da quelle 74mila persone che nel 2009 hanno scritto un nome ignoto, il mio, sulla scheda elettorale delle europee, offrendomi un’opportunità senza pari, sulla fiducia. Oppure la pazienza con cui i militanti del mio partito hanno atteso che mi pronunciassi. Anche la collaborazione che mi hanno offerto molti amministratori locali, tra cui Sergio Bolzonello. Il segretario nazionale del mio partito, Pierluigi Bersani, che mi ha lasciato libera di scegliere. Le tantissime persone che mi hanno incoraggiato e aiutato nel lavoro di segretaria del Pd e di europarlamentare, con disinteresse e spesso con un sorriso.

E poi ho pensato che a questa terra io devo tutto. Qui c’è la mia casa, il mio lavoro e i miei affetti più cari. Qui, ormai da anni, mi hanno seguito perfino i miei genitori. In questi luoghi mi riconosco. Con tutto questo ho un legame e un debito che, se posso, devo e voglio ripagare. Le mie capacità, qui devono essere offerte e messe alla prova: al servizio della mia comunità.

Qualcuno gode a chiamarmi “romana” per dileggio. Bene, io vorrei augurare a queste persone di sentire la loro appartenenza a questa terra forte e salda almeno quanto la sento io.

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