3 Novembre 2012

Travanut: serve il coraggio di ridisegnare la nostra specialità

“Ha un coraggio da ammirare – dice – perché poteva ambire a scenari nazionali ma ha scelto di mettersi in gioco per dare un nuovo inizio a una Regione che è da resettare completamente.”. Il tutto mezzo a “variabili di contesto imprevedibili nello scacchiere di alleanze che potrà scaturire dal voto in Regioni chiave come Sicilia, Lazio e Lombardia, e grosse incognite di sistema a partire dalla legge elettorale nazionale e da un astensionismo che è il segnale più netto che viene dalle urne siciliane. Porta a galla tutto il malessere di un elettorato che non si riconosce più nella democrazia rappresentativa per come essa è organizzata oggi”.

Come conquistare l’elettorato del Friuli Venezia Giulia nel 2013 di fronte a tutte queste difficoltà?

Attraverso il coinvolgimento di un’area che sia il più ampia possibile di cittadini rispetto alle questioni fondamentali del programma. Il programma dovrà essere vissuto dalla comunità come una chiave di volta per la Regione che dà risposte concrete alle esigenze delle sue varie componenti sociali, economiche e culturali. Solo così scatterà la molla che guiderà la società a scommettere sul nostro progetto. Da un mese e mezzo siamo in ascolto di tutte le categorie economiche, del mondo della cultura e dell’associazionismo, con un lavoro senza precedenti: una radiografia dei bisogni più urgenti a cui rispondere.

Ma ci saranno le risorse per farlo?

Il tempo delle vacche grasse è finito: serve una nuova prospettiva, un nuovo patto che la classe dirigente di questa regione deve sottoscrivere per ridefinire profondamente la propria mission.Siamo in un periodo in cui la Regione rischia grosso per il futuro. Va preso atto che si è chiusa una fase storica, e serve un nuovo inizio dove i capitoli del passato devono essere ripensati su nuove basi. Dovrà essere così per i costi della politica, per l’uso delle risorse, per il riordino istituzionale. Serve avere il coraggio di ridisegnare la nostra specialità.

E in che direzione?

Oggi noi passiamo per privilegiati perché usiamo l’autonomia in funzione difensiva. Se saremo capaci di un drastico riordino degli enti, di tagli selettivi, di sburocratizzare e stimolare l’efficienza amministrativa e di eliminare l’invadenza della Regione in molti aspetti della vita pubblica, avremo la credibilità per rivendicare a Roma un nuovo ruolo che, fra l’altro, coincide in pieno con quello dello stato nazionale. Un ruolo cerniera che ci veda dialogare direttamente con Bruxelles e con le regioni europee più evolute che sono le nostre naturali interlocutrici: esso ci regalerebbe una centralità internazionale su molte questioni, dalla ricerca alla cooperazione economica, dall’energia ai trasporti. Del resto l’articolo 117 della Costituzione, almeno finché sarà in vigore, prevede espressamente la possibilità di esercitare un ruolo internazionale per le Regioni. Tondo, che ha governato per dieci anni questa Regione, dovrebbe spiegarci: perché finora non è stato fatto?

Tagliare si deve: ma dove?

Innanzitutto serve una legge sulle nomine. Negli enti va nominata gente capace: non possono essere camere di compensazione per partiti che nominano antennisti al Corecom o dentisti in Autovie. Ma in questa regione oggi siamo più isolati di 15 anni fa. I treni si fermano a Mestre e paghiamo noi Alitalia per avere voli fino a Milano. Intanto teniamo in vita l’Ersa e cinque Ater quando Brescia, che ha i nostri stessi abitanti, ne ha una sola. La sanità? Dev’essere oggetto di una razionalizzazione completa: basta doppioni, di fronte al baratro non ci saranno più tabù.


Difficile non sfruttare l’intuito politico di Travanut per un pronostico su quanti saranno i candidati per le prossime elezioni regionali: “il sistema non premia i terzi poli, e a parte i grillini, che sono poco inclini ad alleanze, non credo ci saranno altri candidati di disturbo”. Si va quindi verso una sfida Tondo-Serracchiani in singolare tenzone o quasi: ma con che alleati? “Nel condurre il confronto sulla piattaforma programmatica che produrremo – dice – non avremo posizioni precostituite rispetto alle forze dell’attuale opposizione né pregiudiziali verso le forze del centrodestra attualmente al governo. Se l’Udc ha posizioni, come ad esempio quella sulle Province espressa dal segretario regionale Zappalà, non vedo perché non confrontarci”. Ma la “grana” delle primarie rischia di minare l’unità del partito? “Non credo. La vedo come un’opportunità e non come una faida interna”. E i dissidi interni al Pd regionale, con i burrascosi rapporti fra la Serracchiani e il gruppo regionale? “Con soddisfazione credo che il clima nel partito sia migliorato. Tutti hanno dato una grande dimostrazione di maturità, a partire dai consiglieri regionali che non hanno chiesto deroghe al terzo mandato e che si sono messi a disposizione dal partito. La fine dei conflitti ci renderà più credibili – conclude – quando presenteremo l’alternativa a un Renzo Tondo che ora vorrebbe riciclarsi come autonomista. Ma è fuori tempo massimo: l’autonomismo, quello vero, era una cosa seria”.

(intervista di Walter Tomada pubblicata su “Il Friuli” del 2 novembre 2012)

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