25 Novembre 2015

Violenza sulle donne: combattere la malattia, non solo i sintomi

scarpe rosse 1 Il viso sorridente di Valeria Solesin che illumina una tragedia. Le donne musulmane in piazza contro il terrorismo. Le tante madri con bimbi in braccio stipate nei barconi o incolonnate in marcia verso un’Europa di speranza. Sono tante le immagini di donne che ogni giorno rimbalzano sui media e che ci rimangono impresse nelle mente. Storie di donne, di dolore ma anche di forza, di impegno e di coraggio, che si incrociano con l’evolversi di una contemporaneità sempre più complessa. Mi piaceva partire da qui, da questa immagine, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che si celebra oggi. La ricorrenza è stata istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999 in memoria delle sorelle Mirabel, vittime di un brutale omicidio nel 1960 nella Repubblica Dominicana, ai tempi della dittatura di Trujillo. Le tre sorelle Mirabal, attiviste e considerate rivoluzionarie, furono torturate, massacrate e uccise. I loro corpi vennero gettati in un burrone e fu simulato un incidente. Questa ricorrenza ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema che, purtroppo, rimane sempre all’ordine del giorno. Perché, se è vero che molto negli ultimi anni è stato fatto, gli abusi, i maltrattamenti e le discriminazioni nei confronti del genere femminile persistono, ovunque. Nella vita quotidiana, dentro le mura domestiche, al lavoro. Violenze fisiche, sessuali, psicologiche, economiche, stalking, discriminazioni: sono i tanti volti di una violenza che, ci raccontano le statistiche dell’Onu, nel mondo è stata subita dal 35 per cento delle donne. In Italia, secondo dati Istat di giugno 2015, il 31,5 per cento delle donne ha dichiarato di aver subito una violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita: sono 6 milioni 788mila, cioè quasi una su tre. Le logiche dei numeri sono fredde, ma aiutano a inquadrare bene una situazione nera, anche nel nostro Paese. A me personalmente (credo a tutti noi, in realtà) piacerebbe smettere di parlare di violenza sulle donne; vorrei che la smettessimo di trattare le donne come una categoria che necessita di maggiore attenzione e protezione di altre. Forse un giorno sarà così, ma oggi, purtroppo, non lo è ancora. E per questo dobbiamo continuare a parlare, a ragionare, a sostenere con forza ogni azione concreta volta a prevenire i soprusi e a sostenere le vittime. Dobbiamo favorire l’ascolto e l’aiuto, sostenendo i presidi sul territorio. Anche semplicemente parlare del problema è importante. Perché dietro alla violenza si nasconde spesso una questione culturale, una concezione distorta e contorta della realtà e delle relazioni, che credo vada affrontata con coraggio anche con i bambini, nelle scuole. La violenza nasce spesso dall’intolleranza, dall’odio, dall’incapacità di capire, conoscere e valorizzare con rispetto le differenze, qualsiasi esse siano. Per questo – e lo dico anche da assessore all’Educazione del Comune di Trieste – ritengo doveroso portare avanti nelle nostre scuole i progetti innovativi e inclusivi che puntano ad abbattere le discriminazioni di genere e contro i quali però, purtroppo, non mancano le critiche di alcuni esponenti politici, convinti ERRONEAMENTE che l’obiettivo sia quello di diffondere la cosiddetta “teoria del gender”. Ebbene, la teoria del gender non esiste: è un’invenzione, una pessima fantasia. Esistono invece dei progetti sani, innovativi e ambiziosi, che vogliono promuovere le pari opportunità tra i più piccoli, nella piena comprensione e rispetto delle diversità. E’ da qui che credo si debba partire: curare la malattia, non solo i sintomi.   Antonella Grim Segretaria regionale Pd Fvg                                                                                                                                                                                                                                                                                
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