Rojc: Sul confine è importante che il dialogo non si arresti
Qualche mese fa abbiamo celebrato il trentennale della caduta del muro di Berlino: nel 1989 tutti eravamo convinti che l’Europa sarebbe stata invincibile, perché si costituiva da quel momento non più come mera identità economica, ma come progetto politico preciso, quello, cioè, di un futuro comune. A trent’anni di distanza rimane il sogno, ma ci dobbiamo porre la domanda se e quanto esso sia ancora perseguibile, soprattutto alla luce di quanto stiamo vivendo in questi giorni.
Il diritto all’autodeterminazione dei popoli ha segnato molti passaggi dell’Europa dell’ultimo squarcio del Novecento e questi primi decenni del nuovo millennio, ridefinendo i confini interni del nostro continente.
Provengo da una terra considerata porta dei Balcani e, da appartenente alla minoranza storica slovena del Friuli Venezia Giulia, ho seguito con dolore e trepidazione il processo di indipendenza della Repubblica di Slovenia, ora membro a tutti gli effetti dell’Unione Europea e dentro Schengen. Io, come posso non pormi la domanda se la tempesta del coronavirus non abbia di fatto mutato anche gli equilibri europei e si appresti a sconvolgere le vite di chi è e abita la frontiera? È una domanda che spero si ponga anche il nuovo governo Jansa a Lubiana, cui auguriamo buon lavoro, saggezza ed equilibrio.
Si legge nella nota dell’Ecdc, l’agenzia europea per la prevenzione e il controllo delle malattie: “La valutazione dell’impatto e del rischio sulle capacità del sistema sanitario può essere mediata dall’applicazione di misure efficaci di controllo delle infezioni e di aumento delle capacità del sistema.” Ma è anche vero, però, che il crollo delle Borse e il grave affanno delle nostre economie richiede un deciso intervento delle Autorità europee, che è stato annunciato con colpevole ritardo. Alfine è arrivato, e speriamo sia sufficiente.
A causa di questa situazione così difficile, che ha stravolto l’economia italiana e che, con l’aggravarsi della situazione sanitaria anche in Germania e in Francia, arriverà a coinvolgere pesantemente tutta l’economia europea, la nostra regione sta subendo ripercussioni gravissime. Il provvedimento della Slovenia di limitare il transito attraverso il proprio territorio a chi è diretto in Croazia e Ungheria, Paesi che hanno chiuso i confini con la Slovenia, provoca certamente un gravissimo vulnus a tutta l’economia del Friuli Venezia Giulia che, in questi decenni, ha costruito con la vicina Repubblica rapporti di scambi amicali e proficui. E’ stata presa una decisione da parte del Governo sloveno: il controllo serrato delle vie di comunicazione, il confluire di tutti i passaggi dall’Italia attraverso sei punti che coincidono con sei vecchi valichi internazionali lungo tutto il confine. Ne sono sorti grandi disagi e ostacoli non solo alla libera rivoluzione delle merci, ma anche a quel flusso giornaliero di migliaia di lavoratori che hanno fatto crescere il nostro territorio (pensiamo ad esempio alle grandi coltivazioni vinicole del Collio che necessitano, soprattutto in questa stagione, di forza lavoro esperta), costringendoli a percorsi più lunghi e, quindi, a volte, a rinunciare. E non dimentichiamo quegli agricoltori che hanno finalmente tirato un respiro di sollievo alla caduta del confine, perché non necessitavano più di un lasciapassare per coltivare i propri terreni da una e dall’altra parte del confine, che ora si vedono fortemente penalizzati da queste nuove limitazioni. Sono soltanto alcuni esempi, ma è chiaro che il danno economico che ne conseguirà sarà ingente per i cittadini italiani e sloveni. La situazione ai sei valichi sta diventando insostenibile, come lo è, peraltro, la ancora più grave e preoccupante situazione ai valichi tra Italia e Austria, dove si legge di colonne di 60 km sul Brennero. I provvedimenti sono certamente dettati dall’emergenza sanitaria che impone a tutti noi una grande attenzione. E’ inutile lasciarsi convincere da informazioni parziali che vengono strumentalizzate e usate per speculazioni politiche. Gli incontri tra i rappresentanti dei Paesi coinvolti, promossi alla Farnesina, metteranno in chiaro i punti di maggiore rilievo. E dovranno trovare soluzioni.
L’Italia ha preso provvedimenti severissimi in tutto il territorio nazionale, ed è, speriamo, questione di qualche settimana. Quando il picco dei contagi del virus comincerà a scendere e ci saranno meno vittime, quando dunque l’emergenza sanitaria sarà superata, la ripresa dell’economia non sarà facile. Perciò si rende necessario sostenere appieno il Governo e le misure economiche importanti che si stanno studiando e approvando. Il Partito Democratico ha, sin dall’inizio dell’emergenza, lavorato per fronteggiare le conseguenze economiche nel Paese e in Friuli Venezia Giulia, dimostrando di essere concreto, propositivo e responsabile, anche a fronte di talune polemiche e di qualche protagonismo inutile.
Per la nostra terra, superare il MURO è stato di fatto un processo lungo e faticoso e porta il segno di tutto il Novecento. La politica raramente pratica una riflessione sul passato, incentrando la propria attività sul contemporaneo. E invece sono state le esperienze dei popoli di confine a inventare un’Europa paneuropea, abbattendo i muri: vorrei ricordare la città di Gorizia, lacerata dalla rete di ferro che assumeva a volte le sembianze del più imponente muro di Berlino. Una rete che oggi viene alzata di nuovo, come un fantasma che torna, sulla Transalpina, la piazza simbolo di un grande percorso.
Quando è caduto il confine tra Italia e Slovenia, abbiamo detto che finalmente siamo ritornati a essere tutti europei. Mi auguro che noi stessi, assieme alle future generazioni, sapremo custodire questa eredità costata dolore, sangue e sacrificio. A questo fine sarà fondamentale una collaborazione fattiva tra Stato, Regione e Repubblica di Slovenia. In momenti come questi, più che mai si rende necessario mantenere vivo un dialogo aperto e costruttivo. Per il bene di tutti.