9 Settembre 2012

Il libro verde degli enti locali del Friuli Venezia Giulia

Chiariamo subito un punto: non dobbiamo fare le riforme solamente spinti dalla necessità di risparmiare, ma perché la nostra casa comune non risponde più ai bisogni dei tempi mutati, né a quelli delle famiglie, né a quelli delle imprese. Si deve intervenire con riforme profonde. Vorremmo riformare la nostra Regione costruendo un sistema che si fondi su due pilastri fondamentali: la Regione e il Comune.
Questo riordino lo intendiamo come il primo passo di una riforma più ampia e complessiva.

1. Riordino delle funzionie competenze della regione

Alla Regione spetta programmare, pianificare, legiferare, controllare. In sintesi, assicurare ai cittadini i loro diritti. In questo ambito ci sono servizi che hanno ad oggetto diritti fondamentali, che la regione ha il compito di garantire con parità di trattamento a tutti i cittadini, quali salute, ambiente, mobilità, istruzione e lavoro. In termini di pianificazione e programmazione ci serve una regione che abbia una visione strategica e che quindi sappia dialogare con l’Europa, con le regioni contermini e con lo Stato, pianificando e programmando in settori strategici come quello ad esempio delle infrastrutture energetiche, su cui ancora non abbiamo un piano regionale. Non ci nascondiamo che questo processo richiederà tempo, ma ci impegniamo a lavorare iniziando da subito. Non si possono impostare riforme al termine della legislatura per farle partire addirittura nel 2014 (sanità e cultura) perché questo significa ingannare i cittadini.
La crisi economica impone profonde e radicali trasformazioni del nostro sistema istituzionale: e noi lo renderemo più efficiente, economico e capace di rispondere alla domanda di servizi da parte dei cittadini e del tessuto economico regionale.

2. La potestà legislativa

Per questo riteniamo sia un argomento da trattare singolarmente quello della potestà legislativa della regione. Per governare con efficacia dobbiamo utilizzare come si deve questa nostra potestà sfruttando al meglio la specialità. Dobbiamo essere capaci di fare leggi che non vengono impugnate dal Governo e che siano immediatamente applicabili, senza richiedere un numero ridondante di regolamenti attuativi.
Vogliamo leggi semplici e non, come ha fatto Tondo, leggi di semplificazione di leggi difficili, come accaduto con la legge 11 del 2010 che ha cancellato 544 norme finanziarie inerti da anni, presentata come un atto di semplificazione, salvo poi con la Legge 17 del 2010 introdurre in un colpo solo ben 189 articoli nuovi di finanziamento dei settori più disparati. Dobbiamo comunque fare leggi che ci mettano in condizione di competere con gli Stati e le regioni confinanti e favorire le attività delle imprese, evitando di usare la specialità per fare leggi su materie già disciplinate meglio dallo Stato o per consolidare la burocrazia. E’ per questo motivo che ci impegniamo a redigere Testi Unici sulle materie di competenza esclusiva, ma anche su quelle di competenza concorrente. Il primo Testo Unico cui intendiamo mettere mano sarà proprio quello sugli enti locali. Se alcune competenze – ambiente, infrastrutture, urbanistica – sono regionali, e la pianificazione e programmazione deve riguardare queste materie – sono poi i comuni che devono essere messi in grado di esercitare localmente e con efficacia queste funzioni.
In questi cinque anni di governo regionale sono state prodotte misure contraddittorie e inutili, come il maldestro tentativo di legiferare sui comuni montani, imponendo così sulla società regionale e sul sistema produttivo una sorta di intollerabile “tassa supplementare”.

3. Superamento delle province

Nel quadro che andiamo delineando, l’istituzione Provincia appare superabile. Le sue competenze di area vasta possono andare alla Regione e alle aggregazioni dei comuni, mentre quelle gestionali vanno direttamente trasferite ai comuni.
A differenza di quanto prospettato dal Governo nazionale, non crediamo che per il Friuli Venezia Giulia l’opzione migliore sia quella di una “razionalizzazione”, cioè di una riduzione del numero delle province magari a due grandi province, trattandosi di una scelta antistorica che divide e che pone problemi anche sociali e culturali. Né crediamo che la questione vada posta nei termini, ingannevoli, del “o tutte o nessuna”.
Anche in attesa di quelle che saranno a novembre le determinazioni della Corte Costituzionale crediamo che si debba da subito delineare un percorso per la riforma della struttura istituzionale del Friuli Venezia Giulia. Dobbiamo smontare il radicato pregiudizio che lo Statuto speciale serva a mantenere privilegi. Sappiamo bene che se la riforma degli organi di governo della provincia supererà il vaglio della Corte, allora sarà importante cogliere questa opportunità per codificarne l’ordinamento anche in Friuli Venezia Giulia esercitando appieno la specialità pur salvaguardando la scadenza naturale delle assemblee elettive. Per quanto riguarda la provincia di Udine ricordiamo che l’amministrazione regionale di centro destra con la legge n^ 3 del 2012 ha ribadito il sistema dell’elezione diretta e che la suddetta legge è stata impugnata dal Governo italiano. Va chiesto quindi al governatore Tondo cosa intende fare rispetto all’elezione della provincia di Udine. Fossimo stati noi al Governo, avremmo agito chiaramente in modo diverso. E’ infatti secondo noi necessario che la regione si faccia attiva promotrice, confrontandosi con lo Stato, di un definitivo superamento di questo ente intermedio.
Il modo in cui il centrodestra regionale ha affrontato e gestito il nodo della riforma ordinamentale, in cui si inserisce la questione delle province, non è stato all’altezza del problema. Anzi, ha aperto una discussione più che sterile, nociva, in quanto ci ha riportato indietro nel tempo e al di fuori delle esigenze reali della società. Facendo poi coincidere l’identità dei territori solo con i confini delle province, si sono generati equivoci e contrapposizioni astratte. Al contrario, le varie identità che convivono nella nostra Regione hanno la possibilità di essere valorizzate non se si rinchiudono nei recinti, ma se si confrontano liberamente tra di loro e con il mondo. Il superamento della provincia come istituzione non farà perdere ai territori la loro identità, che si rafforzerà attraverso le aggregazioni di comuni.
Nel pensare a una regione che faccia fruttare le sue differenze, investa sulle sue comunità e sulla collaborazione tra i territori, non intendiamo frammentare o indebolire la rappresentanza delle comunità come quella autoctona slovena, né delle altre componenti.

4. I comuni

I comuni sono il pilastro della nostra storia e della nostra identità. Sono la prima istituzione con cui si rapportano i cittadini: sono il luogo principe dell’autogoverno. I comuni rivestono una centralità sia come riferimento istituzionale sia per le rappresentanze democraticamente elette che essi esprimono: i sindaci e i consigli comunali.
Naturalmente, per estensione e numero di abitanti non tutti i comuni sono uguali. Bisogna ipotizzare aggregazioni e fusioni, e va comunque pensata una differenziazione per le piccole e piccolissime comunità rispetto a quelle più grandi. I piccoli comuni possono non avere la necessità di una giunta comunale, e le stesse competenze devono essere diversificate, così come peculiari sono le necessità e problemi dei municipi più grandi.
E’ necessario promuovere con forza le forme di aggregazione tra i comuni e, di conseguenza, rimodellare su questo nuovo assetto istituzionale anche il sistema dei trasferimenti finanziari. Questo non significa affatto annullare storie e identità ma farle vivere in contenitori istituzionali più adatti ai tempi e ai bisogni. Molte di queste aggregazioni sono già definite o facilmente definibili. Il sistema di unioni di comuni che andiamo delineando, non costituisce un’ulteriore sovrastruttura burocratica e istituzionale, quanto invece consente la programmazione coordinata dei territori e del loro sviluppo. A mio avviso, e proponendo questa idea al confronto, il processo di aggregazione dei comuni deve essere obbligatorio, ed è proprio per questo che è necessario un profondo coinvolgimento degli amministratori locali. Per quanto ci riguarda, partiamo già arricchiti da un’elaborazione teorica che risale a più di venti anni fa, quando si è manifestata l’esigenza di razionalizzare territori e servizi; nonché dalla legge 1 del 2006 che aveva provato ad avviare un processo. Il fatto che non si sia concretizzato nulla, né utilizzate elaborazioni e esperienze, conferma il ritardo accumulato e l’urgenza di far partire le riforme. Non solo non si è fatto nulla, ma si sta immaginando, nell’ambito della pianificazione urbanistica ad esempio, una nuova organizzazione territoriale (STL – Sistemi Territoriali Locali) in assenza di una precisa idea di sviluppo della regione e della sua articolazione istituzionale. Non comprendiamo perciò l’accelerazione che la Giunta vuole dare all’adozione del PGT (Piano di Governo del Territorio). E’ nostro punto di orgoglio quello di tornare a essere quel modello di regione efficiente che a lungo e in tanti settori siamo stati per il resto d’Italia.

5. Liberare le energie

Dalla sua nascita, negli ultimi 50 anni, abbiamo assistito nel corso delle legislature all’accumulo di leggi, alla moltiplicazione degli enti e all’invasione della politica nella loro gestione. Occorre fare pulizia, intendiamo in primo luogo superare l’intermediazione istituzionale, eliminare cioè il superfluo e liberare così la società da un cumulo di enti, consorzi, società controllate, partecipazioni in organismi.
Questo grande riordino non ha bisogno di proclami, ma richiede una forte volontà politica, priva di lacci e libera da condizionamenti, svincolata dai rapporti di forza interni alla maggioranza e ai singoli partiti. Al tempo stesso richiede il coinvolgimento e la collaborazione partecipe di tutti i livelli del personale della pubblica amministrazione, che deve far proprio l’orgoglio di essere parte di un processo di riforma volto al bene di tutta la comunità regionale, valorizzando le competenze che esistono. Il comparto unico, pur con i suoi limiti, è uno strumento che ci permette di immaginare una diversa articolazione del territorio. Su questo tema faremo una proposta organica di riordino, semplificazione ed eliminazione di ciò che non serve.
Abbiamo la consapevolezza che è fondamentale il concorso fattivo degli amministratori, indipendentemente dalla loro collocazione politica. E’ per questo che oggi iniziamo con voi un percorso che vi vedrà protagonisti: su queste linee del Libro Verde vi chiediamo di inviare integrazioni, suggerimenti, proposte (mail: libroverdeentilocalifvg@gmail.com)

Noi immaginiamo una regione più vicina alle persone, con meno livelli di intermediazione tra i bisogni e i servizi, orgogliosa dell’autonomia e della potestà legislativa.

Non è il tempo dei piccoli aggiustamenti.

E’ il tempo di lanciare una nuova missione per il Friuli Venezia Giulia.

È il tempo che richiede grandi cambiamenti e persone nuove.

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